"Gorma" è una forte, lunga e intensa dichiarazione d'amore verso il deserto, in ogni sua pietra e in ogni suo granello di polvere: è un atto votivo verso lo stoner-rock, così come fu codificato per la prima volta dai padrini del genere, i Kyuss, che proprio da un deserto – quello della California – presero le mosse sul finire degli anni Ottanta e divennero poi famosi in tutto il pianeta.
A differenza dei Kyuss, i 3 Mexicans From Gorma non vengono da nessun deserto né – a dispetto del nome – da Gorma, che non esiste: il trio rock composto da Igor Lanaro, Marco Dal Molin e Luigi Calzavara viene dal Veneto. In questo disco, il primo LP del gruppo, risuonano molto forti le influenze dei sopracitati padri dello stoner, dei loro eredi diretti Queens of the Stone Age, e di altri gruppi legati allo stesso filone, come i Fu Manchu e gli Electric Wizard.
La buona capacità dei 3 Mexicans di scrivere e arrangiare accuratamente i propri pezzi emerge fin da subito: si ascoltino le ottime "Intermission", "Desolated Man" o "Wah Wah" per rendersene conto. La scelta stilistica fatta dalla band, d'altronde, è chiara: si opta per ambientazioni sonore oscure e claustrofobiche, accuratamente costruite con l'utilizzo di suoni pesanti, solidi e pieni di vibrazioni, con un uso solo secondario del cantato e un gusto particolare per la lunga «cavalcata» rock, come testimoniano "A Dreamer On The Moon" e "Precarious Hollywood". Certo, non mancano pezzi più rilassati, più vicini al blues, come "First Day, Jen..." o "Mariachi Song", ma l'impianto generale resta molto vicino alla forma originaria dello stoner, con accenti southern e doom che affiorano nel corso del disco.
A dirla tutta, i nostri veneto-messicani hanno provato a creare qualcosa di più che non un semplice – seppure ben fatto – album stoner: hanno provato a scrivere un concept-album ambientato nel deserto, che narra le vicende di Desolated Man, un cowboy in fuga dalla civiltà in compagnia del suo cavallo. È per questo che, nel corso del disco, ricorrono delle parti recitate in cui il protagonista si ritrova a tu per tu con baristi, mariachi e fantasmi vari che abitano la città di Gorma. Questa scelta, in realtà, non aggiunge molto al disco, e l'accento marcatamente italiano del parlato inglese non concorre certo a creare un'impressione di professionalità nella cosa.
Resta il fatto, però, che l'impianto del lavoro nel suo complesso è più che solido, che al trio veneto la classe non manca e che le idee, se approfondite con uno stile più personale e con un approccio meno velleitario, potrebbero portare questi ragazzi a dei buoni livelli nella scena stoner di casa nostra (e non solo).
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La recensione Gorma di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-09-07 00:00:00
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