Blessed Child Opera
Fifth 2011 -

Fifth

Aprire e chiudere un decennio con onestà intellettuale, ispirazione, ricerca. Un amalgama sonoro che è un vero e proprio trademark, votato molto più che alla pace dei sensi, alla vertigine costante. Sia che i ritmi rallentino, che la melodia sia libera di svilupparsi in atmosfere nere, o che la violenza del suono propaghi in ogni direzione, il risultato non cambia. La formula dei Blessed Child Opera e del suo capitano Paolo Messere, è pece musicale messa al servizio di un talento multiforme e mai domo. Gli ingredienti sono quelli che conosciamo bene: il riffing vorace e raffinato, la voce bruciata, un'intelaiatura magico misterica dalla nervatura Piano Magic, che si nutre oggi della solitudine del folk contemporaneo.

Le materie sonore da plasmare, corroborare, inflirtare sono ora quelle della wave, ora quelle del dark rock, che si innaffiano stavolta però di un'intimità improvvisa, emotivamente grandiosa, inaspettata. La modulazione di chitarre e batterie a dettare cadenze pesanti e oppressive, sullo sfondo di detriti sonori atmosferici in cui la luce cerca di farsi spazio fra le ombre claustrofobiche. Marziali e seriali, insinuano sensazioni di desolata malinconia, fino ad arrivare a chiamare in causa elaborazioni shoegaze. E' una danza di fantasmi che in Fifth non viene più celebrata ma esorcizzata, camminando di pari passo con Johnny Cash e i My Bloody Valentine.

Un disco che guarda ancora alla sua natura visceralmente ombrosa, che sa farsi lancinante e cruda come la ferita di un coltello, ma auspica la duttilità spiazzante, la rimessa in gioco musicale costante e – speriamo - duratura.

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