Gli Eveline sono tornati. Con un disco, il terzo, che è come il pentolone che ribolle in attesa del prossimo ingrediente utile alla pozione magica: una coda di serpente? Un bell'acido di prima mattina? Un viaggio su Marte, sulla Luna o tra le stelle? Servitevi, "AlfaOmega" è pronto a girare nei vostri lettori.
"AlfaOmega" è la trascrizione latina delle due lettere greche (la prima e l'ultima dell'alfabeto) che danno il titolo al disco. αω. Insieme significano spesso l'eternità di Dio, qualche profeta ne parla. Ma Omega, da sola, potrebbe anche voler intendere distruzione. Kaput. Se ci mettiamo che gran parte delle 8 tracce parlano di robe astronomiche, pianeti, iperurani, comete, lune e stelle tra le più luminose del cielo, capite bene che questo non è certo un disco semplice. Anche perché, musicalmente, nel pentolone gli ingredienti si moltiplicano via via che scorrono i pezzi: psichedelia, space e desert rock, un tocco di progressive. E anche indie-tronica. Tutto molto circolare, da ipnosi. Come se gli sciamani vivessero sulle stelle. Come se il Piccolo Principe avesse imbracciato un basso e la volpe fosse andata dietro alla grancassa.
Gli Eveline sono sotto la "protezione" di ben quattro etichette: l'inglese Sonic Vista Recordings, la tedesco-polacca Borowka Music e le italiane Urtovox e Locomotiv Records, quest'ultima nata in seno al Locomotiv Club, locale che a Bologna, patria del quartetto, fa il suo lavoro ormai da tre anni. Un poker d'assi per un disco che può definirsi senza indugi un concept, visto il filone semantico che si può ripercorrere nei testi e la sperimentazione che aleggia in tutti i brani.
"Little Comet" sembra avere delle chitarre (e delle batterie) quasi jazz, smorzate dai flash di conversazioni radio di (im)probabili piloti spaziali, parentesi quasi math e ritornelli più indie rock. I primi due pezzi, invece, "To Kaluza's White Quasar" e "Interstellar", danno la sveglia e mettono curiosità, cominciando il loop che avvolge tutto fino ai 13 minuti finali di "Lunar 8". In mezzo, un pezzo bellissimo come "She's from Mars", che non può che far pensare a certi Mars Volta e che si costruisce da solo in una suite di prog-rock, che da un'intro di piano si schiude in cori lontani ed eterei.
Curato fino alla maniacalità, snello come le onde del sonar sott'acqua, diabolico come se qualcuno tra un po' ci dicesse che non è vero che l'inverno è finito. E pur con la pretesa dell'anti-melodia e dell'anti-orecchiabilità, αω riesce comunque a stamparsi da qualche parte nel cervello. Non dico che si canticchia, ma quasi.
Il disco più melodico tra gli anti-melodici. Una prova più che convincente. All'estero se ne sono accorti praticamente tutti, noi ci mettiamo un po' di più. Ma arriviamo.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.