Come i più celebri Bluvertigo, anche gli Zerovolume si sentono degli inguaribili nostalgici della new wave elettronica degli anni Ottanta, di quel pop ripetitivo ed ossessivo, sì romantico nelle liriche e nelle melodie, ma tanto legato a pressoché identici schemi musicali. Una ripetitività affascinante e che ha fatto innamorare tantissimi adolescenti di quell’epoca che ora, cresciuti, ritrovano in alcuni gruppi di oggi le stesse sonorità. I Bluvertigo hanno recuperato quei suoni e lo hanno fatto senza aggiungerci poi tanto e lo stesso fanno gli Zerovolume, gruppo toscano in attività già da cinque anni e super-nostalgico di quegli anni passati. I tre brani inclusi in questo disco sono ben arrangiati, ben curati ed i loops inseriti con attenzione, tanto da avere l’impressione di trovarsi in un medley che include cose di Bluvertigo, Subsonica e Sushi. L’intro di “B-side” è sulla falsa riga di “The reflex” dei Duran Duran e nello sviluppo del brano risultano evidenti le influenze dei Bluvertigo e dell’ondata di musica elettronica tedesca esplosa negli Ottanta. Il testo offre spunti per una riflessione sulla faccia B che si nasconde dietro ogni cosa: è il lato opposto, misterioso, diverso, invisibile che può essere positivo o negativo, comunque in antitesi con il lato A. “Discoduemila” mette insieme gli altri tre gruppi italiani citati, con ritmi danzerecci, che troviamo in prevalenza nei torinesi Sushi. E’ anche un’occasione per raccontare le storie delle moderne discoteche, con le loro esagerazioni e manìe, in netta contrapposizione alle vicende legate ad uno stile di vita più rockettaro. La terza traccia, “C.T.V.B.” è più soft, con chitarra in bella evidenza. La melodia vocale appare un po’ irritante, forse per la ripetitività di quel “chi ti vuole bene” che esprime in termini semplici e diretti quanto sia facile pronunciare certe parole senza profondità d’animo. Il mezzo utilizzato dal gruppo fiorentino, cioè l’ossessione delle parole e della nenìa è forse fastidioso ma la scelta rappresenta un concetto condivisibile: certi aspetti della vita vengono presi con troppa superficialità, si vive con troppa banalità e così si riassume il concetto che chi ti vuole bene non ti vuole bene”. Ascoltati i tre brani “ufficiali”, arriva una mini-traccia in omaggio, un arpeggio di chitarra a sorpresa, darkeggiante, dove si risente chiaramente l’influenza di un tale di nome Robert Smith. Insomma, questi Zerovolume piacciono ma se osassero un po’ di più con la personalizzazione di questo genere potrebbero veramente diventare una realtà che nulla avrebbe da invidiare ai Subsonica.
---
La recensione Acqua milk di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-10-28 00:00:00
COMMENTI