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Mathì sta per metafisica ed è lapalissiano già dal primo ascolto che gli intenti del gruppo sono chiari. Non pensate però a De Chirico o a Morandi, qui la metafisica è intesa come raggiungimento di un luogo lontano dalla società contemporanea. Un mondo irreale, immaginifico, ultraterreno. Un "paradiso" ideale fuori dal tempo e dallo spazio. Una sorta di Eden in cui uomo e natura convivono in simbiosi. Una realtà onirica sognata ad occhi aperti attraverso la poesia. Simbolismo.
Loro sono credibili, ma purtroppo l'EP non convince pienamente. Un disco che è più della somma dei suoi 4 brani, ma che non possiede completezza e la giusta maturità. Va assolutamente preso come incipit. Un fruscio. Le canzoni non splendono certo di una luce accecante, ma intravediamo solo fievoli bagliori. Anche se il progetto è ben definito, singolarmente i pezzi non prendono mai una vera e propria direzione. Il sound è curato, ma occupa un ruolo marginale e risulta mero accompagnamento strumentale a un reading di poesie. Perché è comunque di questo che sto parlando. Non posso definirli testi, ma elegie, brevi poemi. Tutto ruota intorno alla natura, alla sua bellezza e alle meraviglie offerteci da essa.
Affrontare un'operazione musicale come questa, comporta molteplici difficoltà e qui c'è il rischio di non riuscire nell'impresa. La scrittura è onesta, sentita e sofferta. Balza subito alla mente Godano, sia per le liriche, sia per il cantato, di frequente e spesso in maniera imbarazzante. Il confronto è inevitabile e la sconfitta giunge inesorabile. Inoltre nel corso dei brani non si crea mai un amalgama efficace, convincente. Musica e parole non coesistono così armoniosamente quanto l'uomo e la natura descritti. Oltre all'immediato confronto con i Marlene sul piano musicale, si percepiscono anche altre "firme". In "Cuore di Fata", si avverte una delicatezza che rimanda direttamente ad un certo Ivan Graziani. "Cascata" invece, oltre a rievocare la tradizione della canzone italiana d'autore, presenta un eco del lavoro affrontato da Alessandro Grazian, in materia di ricercatezza.
In conclusione, a "Petali Ridenti" manca un oceano di coraggio. Bisognerebbe osare di più all'interno del progetto. Cedere le poesie al servizio della musica e viceversa. Fondere con sapienza gli elementi. Abbandonare l'eccessiva enfasi (troppo spesso caricaturale) ed aumentare di consistenza musicale e di comunicatività. Non entro nel merito della poetica (può piacere o meno), ma metto in discussione il problema oggettivo della validità e dell'efficacia con cui ci viene consegnata. Di conseguenza, quanta energia riusciamo poi a percepire. E queste componenti purtroppo, qui vengono a mancare.
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La recensione Petali Ridenti di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-10-12 00:00:00
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