I The People Speak sono un gruppo pugliese arrivato alla sua prima prova ufficiale, dopo un demo pubblicato nel 2010 e una lunga serie di date anche al di fuori dei confini italiani. "And now, the real news" è in realtà poco più di un EP, con sette brani e 6 remix dei brani stessi. È chiaro già dal packaging del disco quale sia l'immaginario della band: colori fluo alla "Never Mind the Bollocks", collage di ritagli di giornale, richiamo alla cultura classica per destrutturarla e dissacrarla (si veda la rivisitazione della dama con l'ermellino in copertina o la barbie pugile in versione uomo vitruviano che campeggia al centro del cd).
Lo stesso mondo è inseguito tra una traccia e l'altra, con un punk-funk alla Yeah Yeah Yeahs, voce femminile e maschile che si rincorrono su beat alla !!!. C'è spazio per fantasie danzerecce e synth, come in (appunto) "Dance dance dance", attacchi soft e esplosioni distorte in "94-96", dissonanze grunge e indie rock tirato. I The People Speak riescono a tracciare il loro personale ponte tra gli anni '90, venerati e omaggiati in "86 normal wait" e le correnti del punk funk degli anni zero. Rimbalzano tra le Elastica, i Republica, e il sound del filone Rapture-primi Liars, a volte persino LCD Soundsystem, fino ad arrivare a ricordare dei Ting Tings più cupi. Estremamente energici ed efficaci nel sincopare e frammentare ritmi, meno convincenti quando la melodia ha la meglio (come in "Blind" e "49th Blues", litania rock appassionata ma scontata).
I remix non fanno altro che spogliare i pezzi all'osso ("Dance dance dance Deckard remix") ed esaltarne le qualità ritmiche trasformandoli in martellanti brani 80's, deliri di synth ("Red carpet Deckard remix"), e a volte invece smontandoli in un tappeto di stratificazioni ed echi (come in "Blind eraser remix"). La scelta di inserire dei remix (a mio parere non innovativi), dovrebbe probabilmente essere interpretata come una delle possibili tendenze future dei The People Speak, già vicini a un'impostazione elettronica. In definitiva un disco carino, anche se certamente non rivoluzionario.
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