Ascoltare “The Old And The New World” degli Ethienne mi ha fatto capire di essere una vera stronza. Permettetemi di fare pubblica ammenda, perché pensavo di aver già capito tutto dall’artwork. È bastato che uno dei quattro indossasse una camicia a quadri per immaginare un inquinamento acustico fatto di litigate tra Brenda e Kelly, lacrime perché Joey lascia Dawson e stupore di fronte all’ennesima scazzottata di Ryan. E invece mi sbagliavo. Perché questo bel gioiellino, fiutato dall'etichetta americana Deep Elm Records, di adolescenziale non ha proprio niente.
Nelle dodici tracce rock/pop di "The Old And The New World", la timbrica malinconica di Filippo Pietrobon affonda nell’acqua e fa la differenza. Se il "Viandante sul mare di nebbia" di C.D. Friedrich avesse avuto un i-pod, di sicuro avrebbe avuto i trevigiani nella sua playlist, con questo disco dal piacevole ascolto e con le carte in regola per far sventolare bandiere d’oltralpe. Una costante Sehnsucht di sottofondo, che scivola dal synth di “Ultrapop” e dai suoi rimandi brandonflowersiani fino a dense ballate come “4 A.M.” e “Crave”, che ha l’onere di tentare - con successo - di sonorizzare il dolore.
“Diving Bell”, trainata da un sommesso "it’s not too late", esplode in un loop dal disarmante ottimismo, risultando una delle tracce più riuscite, insieme a “Zenith”, che ci fa rullare come omini del calciobalilla. Il quartetto insacca una prima prova armonica di chitarre distorte, pianoforte ed elettronica ben riuscita. Insomma, mettiamo in play?
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