Daniele Silvestri
S.C.O.T.C.H. 2010 - Cantautoriale

S.C.O.T.C.H.

A distanza di quattro anni, dell'ultimo disco di Daniele Silvestri ("Il Latitante", 2007) resta in mente una scarsa compattezza, che da un lato aveva portato alla realizzazione di un disco vario, ma che dall'altro aveva reso quello stesso album qualcosa di incompiuto. Una prima, grande differenza con questo nuovo lavoro è proprio questa: tanto quanto "Il Latitante" era dispersivo e tutto sommato incoerente, così "S.C.O.T.C.H." è preciso e pensato a livello di struttura e impostazione.

Si apre e si chiude con due brani a pianoforte che raccontano di speranze e possibilità, tracciando ipotetici percorsi di (ri)partenza individuale e collettiva. Il doppio binario io/noi è il tratto portante dell'intero disco, che può essere diviso a metà. La prima è una presa d'atto dell'impossibilità di comunicare e trovare un senso a quello che si fa: che si tratti di relazione con il partner, di contatto fugace sui mezzi pubblici o di rapporto con amici e conoscenti, per Silvestri tutto è dominato da un'incomprensione di fondo, figlia di una mancanza di onestà che attraversa ogni ambito e contesto. Il risultato è l'impantanarsi in una situazione di stallo ("non migliorerai / se ti ostini ad attendere / come acqua stagnante"), che rischia di bloccare il quotidiano e le prospettive. L'unica soluzione è prendere in mano la propria vita e muoversi. È questo il punto in cui Silvestri allarga lo sguardo, fino a quel momento concentrato sulla singola persona, per raccontare di un noi collettivo che vede nei guai dello "stivaletto" parte della responsabilità degli inciampi dei singoli. "Precario il mondo" è forse il brano meno riuscito del disco, ma è un momento chiave nella sua struttura. Intervallato dalla divertente "La chatta" (rilettura de "La gatta" di Gino Paoli in chiave web 1.0), "Precario il mondo" forma con la bella cover di "Io non mi sento italiano" un piccolo discorso sullo stato dell'Italia, che trova il proprio sbocco naturale in "Monitor". Qui si mostra un presidente di una Repubblica che si trova incastrato in una posizione notarile, impossibilitato a fare alcunché per migliorare la condizione del proprio paese, se non lanciare moniti che si perdono nel vuoto. Si tratta di un brano facile, quasi banale, che si riscatta però nel parallelismo con la situazione del singolo, cantata in "Acqua stagnante".

La seconda parte del disco si apre con due pezzi in cui si tira il fiato: "Ma che discorsi" e "Acqua che scorre" sono di fatto le risposte a "Cos'è 'sta storia qua" e – appunto – "Acqua stagnante". Si tratta dell'ultima fase della microanalisi condotta da Silvestri, che trova il suo approdo finale nella title track. "Lo scotch" è il racconto della chiusura di una vita in scatoloni da trasloco (giusto un anno fa, se ne occupavano i Perturbazione con "Del nostro tempo rubato"). La partenza come risoluzione di ogni problema? Sarebbe troppo facile. Ecco allora che la voce di Andrea Camilleri ricorda che una partenza apre dei nuovi mondi, ma ne chiude altri alle spalle. Mentre si è via, a casa può succedere di tutto, anche che ti si prenda per morto o che qualcuno muoia per davvero. Anche un giudice, a fine luglio, per via di un'autobomba, come viene raccontato in "L'appello", che trasforma la strage di via D'Amelio in una canzoncina ska che cita in modo particolareggiato complotti e misteri, ma anche Stefano Rosso e Fred Buscaglione.

Siamo alla fine del racconto, c'è giusto il tempo di dire che per i protagonisti di questa storia "niente sarà come prima", poi il pianoforte di "Questo paese" si ricollega ai tasti suonati in "Le navi", mettendo la parola fine a un disco pieno, denso e – finalmente – compiuto. "S.C.O.T.C.H." ci consegna infatti un Daniele Silvestri in grande forma, un autore completo, capace di buttare uno sguardo altro su ciò che lo circonda (e ci circonda). Uno sguardo leggero ma profondo, senz'altro importante.

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