Dire che chi suona brit oggi in Italia lo fa per cavalcare l'onda di una fuggevole moda, è, oltre che banale, segnale di poca attenzione: quella moda, infatti, è fuggita già da un po', e la fama dei gruppi-copertina di NME ormai dura un'oretta. Per questo, qui si pensa che chi suona brit oggi in Italia lo fa perché ha ascoltato, ascolta, ama e vuole fare quella musica lì e punto (oltretutto, non mi risultano band italiane arricchitesi cavalcando tale trend. Attendo smentite).
Gli Hacienda, non ci sono dubbi, di brit ne hanno ascoltato, ne ascoltano e ne amano proprio tanto. Tutto - dal beat al punk alle varie new wave, con una poco nascosta predilezione per l'era mod e le relative influenze black - è passato per le orecchie dei quattro fiorentini, e passa per le loro chitarre sempre in cerca del riff definitivo, e per i fiati che colorano di soul ("Why Would You Come Back" l'episodio più emblematico in questo senso), e per la voce quanto mai credibile, e per il gusto della leggerezza tutto inglese, e alla fine viene fuori dalle nostre casse in qualcosa di fresco e - pur con tutti i riferimenti in bella vista - personale, con un ammirevole equilibrio fra sound anglosassoni e "afro-latini".
A quanto pare abbiamo i nostri Vampire Weekend (gli scettici ascoltino "Here in the sand" e "Mexican salad"), speriamo che non durino il tempo di una copertina di NME.
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