NegritaRadio zombie2001 - Rock

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Cercherò di recensire i Negrita senza pregiudizi: al diavolo le aggressioni, al diavolo gli occhiali tamarri di Pau, al diavolo i toni tronfi del loro sito, al diavolo le interviste un po’ idiote e le pose da maledetti; al diavolo tutto. Lo prometto solennemente.

Tornano sulle scene dopo quasi tre anni di assenza discografica, dopo quel “Reset” che - se dal punto di vista musicale zoppicava un po’ - tanto aveva significato in termini di aumento di pubblico e fama, e probabilmente tante soddisfazioni aveva dato all’ensemble aretino.

La musica dei Negrita è però – nel bene e nel male - sempre quella: chitarre vintage, la verve di Drigo, il solito cantato di Pau, le solite ritmiche, la stessa struttura dei brani, alcuni coretti piacevoli, qualche strofa e ritornello accattivante, i testi che oscillano - come sempre - fra rime forzate, immagini già usate e qualche buona intuizione, le ballate per sbrodoline (coloro che sbrodolano, ndr) e delle canzoni che pur proponendosi come violente risultano smorzate. Le uniche novità sono l’esclusione dell’elettronica del precedente album e l’inserimento dei fiati, i quali, però, nella misura in cui sono stati utilizzati, sembrano più che altro un piccolo esperimento ludico (non la si passi per sperimentazione, per favore).

Volendo analizzare nello specifico gli episodi principali di questo disco, possiamo perlomeno citare il primo singolo “Bambole” - con una citazione zeppeliniana (“bad times, good times”) - che nel suono e nell’incedere attraenti trova il suo punto di forza, la evocativa ed emozionale “Hemingway”, “Vertigine”, con una buona resa sull’equilibrio globale sulle voci, sui cori e sulla musica, con un approccio molto Beatles, e la title-track “Radio zombie”, che con le sue atmosfere da jam session viaggia fra blues, tex-mex, spruzzate di jazz, e rock di matrice sixties. Il resto è rock italiano, che viaggia sostanzialmente sottotono.

Inizia con il campionamento di una radio che si sintonizza su una stazione FM, questo disco dei Negrita. Ed è un manifesto di intenti abbastanza chiaro: è lì, in una stazione FM magari molto seguita, che i Negrita si vogliono sintonizzare. Al di là della famigerata 'lotta alle canzonette da classifica' che essi predicano con tanta partecipazione.

Tuttavia ci vuole meno retorica, cari Negrita, e più bella musica.

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La recensione Radio zombie di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-11-29 00:00:00

COMMENTI (2)

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  • foospike19856 anni faRispondi

    Complimenti per la bella recensione demmerda, più sterile della palle del mio bisnonno trapassato

  • utente5242713 anni faRispondi

    Meno male che doveva essere senza pregiudizi...
    Se si accoltella così il capolavoro dei Negrita, pietra miliare del rock italiano, non oso immaginare quale sia l'opinione dell'autore sul resto di quella tanto criticata scena musicale. Più che una valutazione sembra una mitragliata di astio e dissenso. Nessun giro di parole, nessun anglicismo degno di autorevoli riviste inglesi, nessun confronto improbabile, "radio zombie" è l'essenza del rock, quel rock che nasce nei garage a 15 anni, quello fatto "a mano", quello che si ascolta dopo aver amato Appetite.., quello che non richiede voli pindarici e psicanalisi, quel rock che in italia i "big" non sono riusciti a mantenere e i nuovi nemmeno a pensarlo! Purtroppo i Negrita sono vittima di quel vizio tutto italiano di oscurare progetti e artisti nostrani a favore del corrispettivo fenomeno inglese/americano.
    ps. "questo è il concetto di made in italy che svilisce il made italy"!