Dato che è del tutto improbabile che il buon vecchio Elton John si renda conto di avere prodotto, nel corso della sua onorabile carriera, molte cose assimilabili al concetto di ‘spazzatura’, e dato che anche in tal caso, invece che con una buona dose di autoironia, reagirebbe con un esaurimento nervoso degno del suo nome, ecco che a girare il coltello nella piaga e a riderci sopra arrivano quattro giovanotti senesi con il gusto della de-costruzione e della sperimentazione tout-court.
Spiazzanti e geniali sin dal nome che si sono scelti gli Elton Junk (!!!), raccolgono il testimone di dEUS e Zita Swoon e si divertono a giocare con i 'moods' (appunto) del pop, dando vita a vere e proprie perle dal sapore squisitamente indie: “Cellophaned”, “Waste of time” e “Magical dream”, un invito a nozze nella discarica del rock da parte di Frank Zappa e Tom Waits, nella quale chiedono di essere ammessi anche i Doors e i Depeche Mode (quelli di “Personal Jesus” per intenderci), giusto giusto per fumarsi una canna!
Gli Elton Junk si destreggiano abilmente tra inglese ed italiano, lo-fi e psichedelia, cocktail e grunge, senza mai perdere la bussola e senza temere che li si giudichi troppo grezzi prima e troppo raffinati poi, visto che è proprio quello che vogliono. Non è forse questa una delle maggiori prerogative della musica indie? il giocare con gli scarti per devastare il classico con i suoi stessi mezzi, l’inserire schegge lo-fi nelle pillole del pop ricombinandole chimicamente per renderle più malate dei malati che le usano…
Affermare che “Moods” è un cd perfetto è quasi paradossale, e credo che gli Elton Junk prenderebbero un simile giudizio come una sorta di insulto: viva l’imperfezione dunque e il colore e lo sporco!
Altro che Palio: attenzione, a Siena ci sono gli Elton Junk!
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