"95 db", penultima traccia di un album che sfiora gli 80 minuti di durata: la voce sintetica di un sedicente "Ministro del Calcio e dello Spettacolo-purchè-sia-serio" si produce in un'omelia sulla musica, condita con prevedibili luoghi comuni ("...con tutto quel bum bum bum. è solo casino. è solo baccano. non musica vera, come quella dei miei tempi... ") ed inviti ad abbassare il volume, per poi chiudere con un lapidario (e folgorante, a parere di chi scrive) "il vostro udito appartiene allo Stato"; dieci secondi dopo parte una forsennata rilettura di "Rock and roll all nite" dei Kiss, costruita con un martello in cassa dritta infilato sotto riff e ritornello reiterati all'infinito. Irresistibile.
Prima, in "Undo", terzo album dei Technogod ("il nostro terzo 'political dance record', e scusate se sembriamo inopportuni e insistenti") che segue il precedente di ben sei anni (ma di soli dodici mesi l'esordio solista di y:dk), si può ancora una volta trovare di tutto, magari dopo avere digerito la sorpresa di un album in gran parte strumentale (evoluzione bizzarra, sapendo che della formazione originale è rimasto attivo il solo vocalist, peraltro ben coadiuvato dai nuovi compagni di viaggio Loz e Phoeb e con un contributo ancora significativo dell'ex copilota 1210), dopo avere assorbito i (parziali) cambiamenti di rotta a livello di scelte sonore (i Technogod che producono finalmente un suono un po' più allineato alla loro ragione sociale?) e dopo avere ascoltato incuriositi la cover, puntualmente irrispettosa, di "Spara Jurij" dei CCCP.
Baricentro un po' spostato, minore stratificazione dei suoni e maggiore ballabilità, anche se il "rock elettronico" dei Technogod resta multiforme e difficile da classificare: le rare tracce cantate ("Junior Bush Killa", "country rock/tech step (in omaggio a Paris e il suo "Bush killa")", o la ciondolante "Reset 2.0"), stilisticamente più vicine a quanto dato alle stampe in precedenza, sono ottimamente riuscite, tanto quanto "Phunk you low" (Le Hammond Inferno in stato di grazia?), "New ordeal", con la sola strofa sospesa tra valanghe di beats incalzanti alla Madaski di metà anni '90, "El paso doble", in cui un Neffa d'annata (inciso ben prima di perdersi dietro alle attuali signorine...) rappa su un accattivante ritmo spezzato, o la splendida apertura con "Air you ther", ennesima prova di una capacità 'superiore' di lavorare in modo personale sui pattern ritimici. Un album infarcito di campioni parlati, rubati spesso al sonoro di film più o meno improbabili, che iniettano una notevole dose di ironia (o autoironia), che frequentemente scivola a trasformarsi in sarcasmo; un album con, al solito, alcune scelte geniali nei titoli dei pezzi ("Heavy rotation on sHITLIST italia", "Acid Vicious" ed un inarrivabile "99 assalti alla bmg"); un album lucido, con le ideee chiare fino dalle note stampa: "questo disco è lungo e veloce, con pochi cantati e più campionamenti perchè ai giovani non piace ballare e pensare simultaneamente. [...] ottima colonna sonora per chi ama schiantarsi in auto, pulire casa o montare mobili IKEA".
L'interno del libretto (e il testo di una traccia citata in precedenza) riporta l'equazione "new world order + new deal = new ordeal*". Felice (?) ascolto.
*ordeal, s, (st.) ordalia, giudizio di Dio; (fig.) dura prova.
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La recensione Undo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-12-27 00:00:00
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