Premetto subito che, da abitante del Nord Italia, non posso certo dire di vivere sulla mia pelle i problemi di una regione particolare come quella calabrese. Detto questo, mi sento tranquillo con la coscienza affermando che qui proprio non ci siamo. Il progetto "Museo della 'ndrangheta" pubblicizzato nel booklet dell'album della band hip-hop-reggae Kalafro è degno di rispetto, senza dubbio. Ma né la veste sonora, né i testi sono all'altezza delle cose importanti che si voleva trasmettere ai conterranei e al resto della nazione, me compreso. Certi ritornelli funzionano, per carità. Ma dov'è la melodia? Fosse stato un album di solo hip hop, non ci sarebbe stato gran motivo di chiederselo. Invece, con un cantante reggae a disposizione, non si poteva fare di meglio? E poi il contenuto di queste canzoni: escludendo tre love song, si parla di argomenti "scottanti" trattati nello stesso identico modo per ben 17 (diciassette) tracce. Si poteva essere più sintetici, guadagnandone in incisività.
Posto poi che risulta più efficace citare le figure di Falcone e Borsellino in una canzone smaccatamente pop (Dargen D'Amico, "Prendi per mano D'Amico"), posto che l'ironia (Skiantos, "Italiano terrone che amo") o, meglio ancora, l'autoironia (Ensi, "Terrone") è sempre un'arma più efficace di certa trita polemica da Lega Sud ("fatti un'istruzione e svenditi in fretta al Piemonte, alla Lombardia, al Veneto: non ameranno il tuo accento, ma se sarai abbastanza servile, debole e ambizioso saprai dimenticarlo in fretta e ne imparerai uno nuovo"), mi par di poter dire che, più che di resistenza, ci sarebbe bisogno di ricerca sonora. Onde evitare di diventare l'ennesima noiosa colonna sonora da centro sociale. Cosa di cui, francamente, nessuno sente il bisogno.
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La recensione Resistenza Sonora di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-06-22 00:00:00
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