Eravamo rimasti con una piccola indiscrezione, quasi una promessa, con i Vegetable G. Quella di un album in italiano. È stata mantenuta e messa in programma per settembre. Nell'attesa, questo ep ne è la brillante anticipazione, generoso assaggio di ciò che sembra essere destinato a fare scuola nella scena indiepop nostrana.
"La Filastrocca dei Nove Pianeti" è la degna continuazione di un immaginario, ideale artistico intrapreso già dal precedente album, il meraviglioso "Calvino", contenitore di viaggi cosmici, di una fantascienza tenera e giocosa, della tenerezza dell'infanzia. Rispetto al passato, c'è un segnale forte e palpabile. Un'evoluzione. L'uso della nostra lingua. Un utilizzo che dona alla loro musica non solo l'immediatezza delle liriche, ma anche il gusto nel plasmare ogni singola parola, nel riverberare rime, suoni, accenti con le cavalcate spaziali di cui sono maestri incontrastati. Il passaggio linguistico non disperde l'intensità della loro musica, né accartoccia le idee e gli spunti che li hanno resi una variabile folle nel panorama indipendente nostrano.
Cosa rimane? Il bellissimo finale de "La Fine di una Meteora", tra Elettronoir, Carpacho e Bangles. Una magia che emana le prime luci, folgoranti, provenienti da un pianeta lontano, impulsi che troveranno una giusta conferma in un lavoro che si preannuncia importante. Presente, futuro. "Negli occhi neri e negli occhi blu / c'è la scatola nera dei nostri destini". Un ritornello che vale più di cento comizi e mille slogan giovanilistici. Emozionante. Delicato e soffice come i colori di una nebulosa.
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