È così, passiamo il tempo a chiederci come saremo tra dieci o vent'anni e intanto gli anni sono già andati, abbiamo scommesso troppo o male, e il potenziale inespresso che convinti ci portavamo dentro è ormai evaporato, finito chissà dove, perso. E continuiamo pure ad affacciarci alla stessa finestra con la speranza infantile e cruda di vedere un panorama diverso, un sottile rimpianto diventare promessa, una bella persona bussare alla porta. Quanti viaggi che era già l'alba e - mentre gli altri dormivano - cercare la compilation che ti aveva fatto, lui che in ogni compilation metteva sempre le stesse canzoni e tu le consumavi con la fame nel cuore. È così, e ascoltare questo disco è lanciarsi all'indietro senza guardare, è avere fiducia in Fiumani, una fiducia cieca e amorevole che non tradisce mai, è abbandonarsi alle scene più vive di una vita che ti ha già portato qualche scelta decisiva, qualche solco indelebile non solo sul viso: diventare grandi, ma grandi sul serio. Ed è inutile chiedersi cosa fanno gli eroi il mattino dopo perché per loro, al contrario di te, il momento del risveglio è solo un'altra incredibile avventura.
Questo live, il primo dei Diaframma nato proprio per trasformarsi in cd, è un percorso a ostacoli tra ricordi sbiaditi e l'andamento altalenante degli umori, il giorno in cui ci siamo incontrati e poi l'ultima volta, tutte le immancabili lacrime che ho pianto ascoltando "Io amo lei" e desiderando forte che lui la cantasse, e sentire ogni volta le ossa farsi morbide e cedere ai primi accenni di "Fiore non sentirti sola", che come ingenue confidenze adolescenziali sul diario ho sempre immaginato scritta per me, forse a causa del mio nome che certi giorni mi sembrava romantico, ma il più delle volte ridicolo. Bisogna ammettere poi che, arrivati quasi alla fine, trovare "Amsterdam" e "Siberia" cantate da Miro Sassolini, voce storica del gruppo, voce che ti taglia in due per la profonda sensazione di calore e smarrimento che impone, è un colpo, un pugno dolcissimo, è proprio quello che aspettavi potesse accadere ancora.
"E' iniziato tutto a Firenze": queste le parole di Fiumani alla fine di "Delorenzo" cantata da Marcello Michelotti dei Neon che subito regala pure "Information of death", primo singolo della band, e lascia poi spazio alla voce di Andrea Chimenti che oltre a un'intensa versione di "Labbra blu" offre a sorpresa un pezzo che chiunque porta in tasca da sempre, "Ziggy Stardust" di David Bowie. Questa la Firenze anni ottanta che esplodeva sotto bombardamenti new wave e rivolta, movimenti underground e sguardo rivolto oltremanica, camicia bianca e pantaloni stretti, e adesso in un'ora l'abbiamo davanti, possiamo avvertirne l'odore e abbracciarne la causa, sentire la spinta e non fare a meno di seguire l'onda e innamorarci ancora e ancora, un milione di volte, e allora questa oltre a essere forse una recensione, o uno sfogo, un arrovellamento notturno su certe cose che non sono andate come dovevano, un dubbio su te e me, sarà soprattutto un'infinita e chiara dichiarazione d'amore che davvero non posso evitare, e dico ai vecchi come me che è giusto così e loro del resto lo sanno, e ai ventenni di ascoltare questo lavoro e dedicarsi con pazienza e cura ai Diaframma.
Come si sente urlare da una fan sul finire di "I figli sopravvivono": sei bello. Oltre ogni limite. Mi sembra la definizione migliore. Ultimo rocker in cerca, come lui stesso mi ha detto, di un'emozione sempre più indefinibile (e non sto qui a specificare citazioni), continua a regalarne generosamente a noi che lo aspettiamo e mostriamo il fianco alla commozione con orgoglio, e come allora incidiamo ancora le sue frasi nel legno mentre guardiamo i nostri figli correre e ignorare tutto ciò che non sia gioia.
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