Il suono degli Impossibili ha la velocità di un sasso lanciato da un gruppo di punk incazzati che protesta contro le forze dell'ordine. Quella pietra fluttua in aria ormai da molti anni, non è ancora riuscita a colpire i "cani blu" ma continua a correre a un ritmo sempre più forsennato e selvaggio. Gli Impossibili sono ancora lì, guidano con lo sguardo truce quel sasso, come cristallizzati nell'attimo in cui hanno dato alle stampe il loro mitico primo album, "Impossimania".
Sono passati quindici anni ma si può dire che, a parte una registrazione un po' più decente e un tiro sempre più aggressivo, il suono del trio milanese non si è snaturato col passare del tempo. Con tutti i pregi e i difetti del caso. Ma che importa? Questo disco non segnerà certo la fine o l'inizio di una nuova era, e non porterà nuova luce nel cimitero marcio del punk-rock, se siete dei fan non potrete che apprezzarlo, mentre se non avete mai sentito prima il nome di questo gruppo il consiglio è di andare a un loro concerto e tuffarvi sul pubblico direttamente dal palco: se l'idea vi disgusta potete lasciare perdere questa recensione non appena avrete finito di leggere questa frase.
"Senza ritorno" è la svolta ambientalista della band milanese: dopo aver messo in fila album su album composti per tre quarti da ritratti di ragazzine immortalate in 120 secondi di hardcore straorecchiabile, questa volta sono le tematiche sociali a tenere in piedi il discorso. Sfoghi rabbiosi contro polizia e inquinamento sputati in faccia a giovani neofascisti, denunce anarcoidi contro gli eccessi di un sistema orwelliano e via dicendo. Più che storie, veri e propri slogan contro tutto e tutti, sullo sfondo tre accordi cattivi e distorti e una batteria che non si ferma mai.
Queste canzoni non diventeranno mai inni generazionali ma hanno il pregio della sincerità autentica anche se nello stesso tempo sono terribilmente soffocati da una mancanza di ironia di fondo. Certo gli Impossibili non sono i Bad Religion - anche se musicalmente sono sempre più in linea con i suoni della band californiana - e alla fine i pezzi migliori restano quelli che hanno per protagonista l'universo femminile, che si tratti di ragazze in carne ed ossa o cyborg tenuti in vita da elettricità e radiazioni. Una parola per la cover di Battiato che chiude il disco: improponibile.
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