Disco vuoto quanto il sacchetto bucato contenente la sabbia delle antille che la band stessa evoca, con tanto di gabbiani in sottofondo in "Dreaming Antilles". Loro sono gli Yanus: Giano, dività romana dalle due facce materiale e immateriale. In questo album la faccia è solo una per tutte le dodici tracce ed è quella del tedio profondo. Chitarre made in 60-70-80 senza personalità, che farebbero impallidire i primi Iron Maiden datati '85, quando in "Dangerous game" parte un assolo di 2 minuti buoni buoni, insapore come acqua né liscia né gasata. Più che un gioco pericoloso pare un brutto scherzo. Basso praticamente inesistente per tutto l'album, per tanto non commentabile. Un sound che rievoca lo spettro degli Abba da dietro qualsiasi porta che si apre sul ritornello di tutte le dodici tracce. "Innocens" , "The way you say yes"e vieni trasportato sull'isola di Kalokairi, atmosfera e musiche che ben si adatterebbero al musical o al movie "MammaMia". Paragrafo a parte per l'interpretazione dei brani: una voce insulsa, non un bagliore illuminato o passione o dolore e neanche un simil mal di pancia in questa che dovrebbe essere un'antologia sull'amore. Non va meglio nemmeno quando in "Love Guilty" compare la voce maschile come front, gli intrecci cantati sembrano un coro di voci bianche. Poco altro da dire di quest'album, se non che più di un libro sull'amore, sembra essere un labirinto senza via d'uscita. E quando si giunge a "Love guilty", ultima traccia, si è talmente straziati che non resta che cercare un po' di silenzio.
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