Suona quasi retorico scriverlo, ma per una band come quella degli One Dimensional Man tornare sulle scene non é una sfida qualunque. Stavolta é soprattutto una questione di qualità, ovvero di una responsabilità più pesante del solito a cui sottostare, volenti o nolenti. Prima il congedo temporaneo con "Take me away", l'album che (inconsapevolmente?) metteva un punto ad una delle poche esperienze per davvero indipendenti della Penisola; poi l'inizio di una nuova avventura, Il Teatro Degli Orrori, che non solo segna una svolta (principalmente linguistica) nel percorso di Capovilla e Favero, ma contribuisce a formare una nuova e diversa consapevolezza relativamente alle scelte artistiche affrontate da quel momento in poi.
Per cui l'analisi critica di "A better man" non può prescindere da queste considerazioni, mettendo idealmente sul piatto tutto ciò che nel frattempo é avvenuto intorno ai due animatori del progetto. Esprimere un giudizio di pancia, anche se legittimo, non renderebbe infatti appieno il concetto di evoluzione. In fondo avrebbe fatto comodo a molti - se non a tutti - riannodare semplicemente i fili dal punto esatto in cui si erano stati tagliati. Ed erano queste le aspettative dello zoccolo duro, speranzosi di riassaporare esattamente quell'idea(le?) di musica costruita nel corso degli anni, quasi negando il corso degli eventi.
Ma la prospettiva é cambiata e non poteva essere altrimenti: non si é più quelli di una volta e l'urlo di rabbia, le distorsioni, persino il drumming non (cor)rispondono più a quei canoni che la stessa band aveva saputo plasmare a sua immagine e somiglianza creando un'alchimia irripetibile. Sicché l'inevitabile paragone con i tempi che furono assume fin da subito contorni netti: le due tracce iniziali, quella che dà il titolo al disco e "Fly", ci paiono lontanissime dal mondo ODM, essendo del tutto incoerenti rispetto alle cifra caratteristica a cui eravamo abituati. In sostanza provano a contaminarsi con qualcosa che si avvicini ad un'idea sintetica del suono, ma a conti fatti rimane uno sterile tentativo che (forse) avrebbe avuto più senso se posizionato in un'altro punto del disco. Ad esempio in coda all'accoppiata "This hungry beast"/"Face on breast", dove il riferimento nemmeno troppo velato sembra essere quello di Trent Reznor nel primo caso e il David Bowie di "Earthling" nel secondo - ma almeno in questi due casi il gruppo ha le idee decisamente più chiare, trovando la giusta chiave di sintesi tra cio che erano e ciò verso cui potrebbero evolversi - e da queste parti saremmo ben felici se decidessero di battere questa strada in futuro.
Poi, sia chiaro, non mancano le canzoni che hanno marchiato a fuoco il sound inconfondibile della formazione: "A measure of breath", "The wine that I drink", "Ever sad" e "Too much" rientrano a pieno titolo in questa categoria, e in parte contribuiscono a segnare la giusta misura per determinare il giudizio sull'opera. Peccato solo che le altre tracce ("This crazy", "Ever smile again" e "This strange disease") siano in qualche modo viziate da arrangiamenti riconducili alla sfera de Il Teatro Degli Orrori; certo, trattasi di un peccato veniale, ma alla resa dei conti ci si accorge che in "A better man" convivono troppe anime diverse fra loro, mentre l'esperienza dell'ascolto di un disco targato ODM finora aveva sempre rappresentato qualcosa di granitico e indissolubile. Sensazione che era lecito aspettarsi ma che purtroppo non arriva, se non a tratti; confidiamo però nelle esibizioni live per ritrovare al top i nostri eroi.
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La recensione A Better Man di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-06-09 00:00:00
COMMENTI (63)
Album incredibile, un altro piccolo capolavoro!
Hanno cambiato molto il loro stile! Di Noise Rock c'è ormai poco o niente, ma hanno fatto ugualmente un ottimo lavoro! Bravi davvero!
yes, great rock!
[:
E' vero che di cuori ce ne sono tanti (la mia preferita è quella dei Love), ma questo è davvero uguale! Bravo cast78!
mh sì, ma in effetti è quasi identico come disegno.. anche il font..
Sai quante copertine hanno il cuore come immagine?
ma la copertina non copiata dall'ultimo degli alice in chains???
Se potessi fare una domanda a Capovilla e Favero, gli chiederei perchè far uscire un disco come ODM quando suona come un ipotetico terzo disco del Teatro degli Orrori. Bastava tradurre i testi in Italiano.
gran disco
Se fosse di un gruppo di emergenti griderei al miracolo, dato che sconosciuti gli ODM non sono, mi viene difficile non paragonarli ai loro (capo)lavori precedenti e qualche dubbio rimane... Soprattutto live, quanto si sentirà lo stacco tra i vecchi pezzi e quelli del nuovo disco? Non so se Capovilla riuscirà a ipnotizzarmi abbastanza da non farmi scendere una lacrimuccia pensando ai ODM andati...