Faceva freddo quando è uscito "Tornasole", il secondo disco di Anansi. Era febbraio, lui stava partendo per Sanremo. Eravamo tutti con lui quando sorrideva sul palco dell'Ariston come esattamente un anno prima faceva su quello del Leoncavallo al MI AMI ANCORA. Poco importa se torna rapidamente dalla città dei fiori, il festival va, il disco resta. Il disco appunto. Lo dice anche Caparezza che "il secondo album è sempre il più difficile".
E così è, soprattutto se il primo era tanto bello, come quello di Anansi. Perciò, complice forse un po' di ansia da prestazione, "Tornasole" è più patinato, calibrato e ha alle spalle concetti e ragionamenti chiari e precisi, oltre che una grande etichetta discografica. L'album è effettivamente fatto così, come le cartine al tornasole: dieci colori abbinati a dieci canzoni che danno (dieci) emozioni differenti. Anche gli ospiti del disco hanno tutti un senso e un ruolo e ognuno sottolinea un lato di Anansi e della sua musica. Contro la maledizione del reggae, per cui se non ce l'hai dentro il rischio è che sembri la solita roba morbida da fattoni, chiama Bunna degli Africa Unite. Lui lo sa bene quanto è difficile raggiungere il battito del cuore della gente ed è qui come per benedire questa parte musicale, che in Anansi è così forte. "Can't stop my music" è un tripudio di reggae italiano dove la voce inconfondibile del nostro Mr Rebel si mescola bene a quella del giovane Anansi, ruvida e acerba al confronto, ma sulla buona strada verso le vibrazioni giuste. Con Frankie Hi-Nrg, altro nome grande, racconta "La realtà" dal suo lato hip hop, che convince un po' meno, almeno nell'interpretazione, mentre per mostrare il suo lato rock ci sono The Bastard Son of Dioniso, quelli che vengono dal Trentino, come Anansi, e da X Factor. "Carpe Diem" fugge via, proprio come l'attimo.
Anansi è ancora tanto ispirato, ma probabilmente vuole e deve parlare a gente nuova e diversa. E allora scrive e canta, bene, anche in italiano, si fa capire di più e mette nell'album tre brani facili. "Love is clear", con la garanzia dei suoni di "Mama Africa Riddim" già usata dal Brusco e da altri, orecchiabile e sensuale; "Sunshine of my day", il pezzo sanremese tradotto in inglese e "Kings of kings", una nuova e bella versione di un brano già presente nel primo disco. È solo meno istintiva e liberatoria della precedente. Un po' come tutto il disco. Se anche il "Tornasole" di Anansi, come quello di chimica, fornisce una prova decisiva, allora la prova è che Anansi è un rude boy con il sole dentro e che così deve restare. Profondo, un po' ruvido e ribelle, ma capace di raccontare con dolcezza il suo mondo e il nostro e pur crescendo - è ancora giovanissimo! - continuare a cantare libero quella "Storia e memoria" che nessuno ormai racconta più.
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La recensione Tornasole di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-06-23 00:00:00
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