Un album che parla d'amore è la peggiore scelta settembrina: l'estate con le sue novità inaspettate o le sue speranza disattese è subito dietro la porta, davanti c'è ancora solo l'incertezza tipica di ogni ripartenza. Che sia amore tormentato, ricercato o felice, meglio farne a meno. Eppure i Lava lava love - band con al suo interno due componenti dei Canadians: Massimo Fiorio e Vittorio Pozzato - hanno scelto proprio settembre per "A bunch of love songs and zombies". Ma che c'entrano gli zombie con l'amore? Vedremo.
La traccia d'apertura del disco suona come se fosse il manifesto programmatico dell'album, "Another Happy Song" per un altro mancato happy-end, ovvero: quando il sentimento non è più reciproco e la perdita dell'altro diventa anche un po' perdita di sé. La musica è da provincia americana, con qualche eco sixties, con la chitarra acustica che si incontra a quella elettrica. Ma la lieve malinconica dell'inizio lascia subito il posto al ritmo più sostenuto e alla leggera inconsapevolezza di "Dry Tongue Lies", e al suo motivetto di tastiera, alla pungente e un po' cattiva ironia di "An Invitation" e più tardi all'energia contagiosa di "Kenosis". Così nell'avvicendarsi di momenti dal piglio più deciso e momenti più introspettivi ("Nothing special", ballata con tanto di banjo o "Morning Dew", traccia conclusiva dal gusto dream-pop) le undici tracce che compongono l'album scorrono via come fossero istantanee d'autore, polaroid di un tempo che non c'è più, i cui soggetti sono i diversi momenti dell'amore perduto, raccontato attraverso riuscite linee melodiche, interpretate dalla perfetta interazione della voci di Vittorio Pozzato e Florencia Di Stefano. Due voci speculari che funzionano bene come metafora dell'ingiusta incomunicabilità degli opposti.
Salvo qualche occasione meno riuscita ("The Grey Line", "Sparkling Wine"), l'album riesce con efficacia a cucire addosso all'amore che fa soffrire la più rassicurante ma non per questo scontata veste musicale, per cui pur non essendo particolarmente originale nei singoli elementi risulta comunque convincente nella sua peculiare proposta: ritratti di vittime dei sentimenti che si muovono attraverso le diverse sfumature di un contagioso e benefico ritmo indie-pop. Ed ecco allora risolto il paradosso: gli zombies sono gli innamorati feriti, i caduti nelle battaglie d'amore, gli "inconsolabili" divenuti ormai realisti. Solo la lieve ed incosciente vitalità del pop può rendere sopportabile - a settembre - il peso della disillusione
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