In realtà, John McEntire dei Tortoise, nome che ha ancora un suo peso specifico nonostante la vecchia scena di Chicago sembri oggi lontana dai giri che contano, potrebbe confondere le idee: il suono di "Barabolero" è al 100% dei Diane And The Shell, al loro ritorno dopo il precedente "30.000 Feet Tarantella". La presenza di McEntire al missaggio, dunque, non ha spostato le aspirazioni vagamente math e post rock – un altro tipo di post – del gruppo siciliano. Che qui, semmai, risultano più contorte, intransigenti, ossessive rispetto al passato. Come dei Battles senza filastrocche sceme a corredo, i Diane mettono in scena uno show strumentale di chitarre pirotecniche noise con stile a volte funk ("Strauss"), fughe in avanti verso scenari da colonne sonore neorealiste ("Operazione San Gennaro") e fascinazioni dance che sembrano ammiccare a un clamoroso Haddaway ("Barabolero") per quel giochino di tastiere Bontempi prese in prestito dai migliori Festivalbar degli anni Novanta. Spaccano il giusto i Diane And The Shell, tirando fuori un album di dissonanza pura che di tanto in tanto si lascia andare a qualche imprevista e riuscita svolta melodica. Bene così.
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