L’obiettivo, in realtà, sarebbe trovare un modo interessante per dire certe cose. Nuovo o sdrucito che sia, poco importa. I La Tita sono già molto vicini a questa dimensione.
Se ci fermassimo all’incomprensibile smania di autocompiacimento pop che ristagna attorno alle tracce dell’omonimo ep d’esordio dei La Tita, rischieremmo maldestramente di sottovalutare quanto di interessante c'è nella proposta del quartetto bergamasco. E invece sono sufficienti gli eccellenti manierismi strumentali e la marcescenza blues dell’iniziale "Girotondo" a convincere l’introversa (e talvolta meschina) anarchia dei gusti personali, riuscendo persino a nascondere liriche dalla rima immediata, fatta di nonsensi spesso ingenui e banali come nelle filastrocche popolari, sviscerate alla maniera delle divinazioni ("Voci da bar", "Ti vorrei").
Molto meglio il magnetismo abbarbicato sui deliziosi crescendo di piano di "Strappi" e "Nuda Illusione" o gli abbozzi ibridi di "Sporco di", nei quali la voce di Cristina Malvestiti dimostra di avere grandi potenzialità. L’obiettivo, in realtà, sarebbe trovare un modo interessante per dire certe cose. Nuovo o sdrucito che sia, poco importa, purché questo possa tenere sulla lunga distanza. I La Tita sono già molto vicini a questa dimensione. Il nostro consiglio è cedere ancora un po’ di terreno alla più agevole e buontempona dimensione semiseria e giocosa. La teatralità barocca di Dresden Dolls e The Nice piuttosto che una vita da star e le copertine dei tabloid, per intenderci.
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La recensione laTita di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-05-25 00:00:00
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