Possibile che nessuno avesse ancora pensato al nome The Singers? Così pare. Talmente scontato da essere una genialata. Massimo rispetto, riuscirà però il quartetto romano ad essere all'altezza della sua brillante intuizione onomastica? Sì. Brillante è un aggettivo tutto sommato azzeccato anche per questo esordio, che esibisce, senza false presunzioni di unicità e senza timori reverenziali, tutti i nomi a cui è debitore, e che però non sembra mai scopiazzare, quanto rubare con stile. A chi? Presto detto, lo confessano loro senza giri di parole: "Se i Beatles sono la madre di tutte le influenze, l'indie più scarno ed energico di Arctic Monkeys e The Strokes e quello più sofisticato di Arcade Fire e The National sono i virus che hanno contaminato molte delle note di The Room Went Black".
Sì, è vero, presentarsi mettendo in fila Arctic Monkeys, Strokes, Arcade Fire e The National non è il modo migliore per convincere quelli che ne hanno tre metri sopra i capelli dei finti indie modaioli fatti con lo stampino, dell'hype a orologeria e delle new new new new new wave. Eppure. Ci sono sprazzi di personalità nel modo in cui assemblano il tutto. Sarà per le frequenti alternanze di rallentamenti e accelerazioni che creano effetti stranianti che si potrebbero definire "Franz Ferdinand meet Snow Patrol", sarà perché ai riff minimalisti genere primissimi U2 non si fanno remore di affiancare schitarrate hard che sconfinano quasi nel tamarro, sarà per certi attacchi repentini e certi finali inaspettati, sarà perché un singolo come "Dance! Dance! Dance!" è, semplicemente, inattaccabile e fa ballare anche le sequoie, ma "The Room Went Black" si merita quantomeno un ascolto senza pregiudizi.
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