Giudicata molto positivamente dalla critica la prova d’esordio risalente ormai a due inverni fa, gli emiliani La Spina escono nuovamente allo scoperto con il secondo lavoro sulla lunga distanza, affidandosi nuovamente alle cure dell’etichetta Acide Produzioni.
E se, come avrete intuito, ‘squadra che vince non si cambia’, suppongo che nessuno dei componenti del team di produzione abbia mai pensato che fosse in qualche modo utile apportare variazioni sostanziali in una ricetta che ha funzionato fin da principio. Ecco quindi che in “Baby champagne” il terzetto parmense, con la collaborazione di Fausto Punzi, riparte esattamente dal punto in cui ci aveva lasciato nel precedente “Da molto a molto poco”; ovvero la solita wave di stampo U.S.A. che, col tempo, ha assunto sempre più contorni personali, forse perché la band ha accentuato maggiormente i legami con la tradizione cantautorale italiana (“Baby blues”, “Qui non si tratta d’amore”). Di fattò, però, continua ad essere il rock l’ingrediente principale della proposta, e il riferimento ai cantauori è forse suggerito dalla personalissima - e riuscitissima - interpretazione che il vocalist Andrea Cipelli riesce a dare alle canzoni dell’ensemble.
Inoltre, i Nostri scoprono i giusti ‘dosaggi’ del fender rhodes, strumento che arricchisce le melodie di 1/3 delle tracce presenti nel cd; e non ci sembra quindi un caso, alla luce di questa riflessione, che una ballata come “Eilei”, farcita (inconsciamente?) con un pizzico di psichedelia, risulti l’episodio indubbiamente più affascinante dell’opera. Non mancano, comunque, situazioni più movimentate: dall’iniziale title-track passando per le successive “Comunque sono ancora convinto” e “Confidenze su due ruote”, quest’ultimo forse l’unico brano con un ritornello appena appena ‘killer’, i tre azzeccano le giuste coordinate per un’originale via italiana al rock ‘n’ roll - affermazione che di questi tempi potrebbe indurre all’acquisto chiunque sia affetto dal ‘morbo di Strokes’. L’unica avvertenza in merito, però, è che si consideri a priori il paese d’origine del terzetto e si rileggano attentamente le righe precedenti a questa per (cercare di) inquadrare il progetto e non incappare in clamorosi equivoci.
Ciò perché i La Spina non riproducono pedissequamente gli (attuali) standard dell’impero anglo-statunitense, ma ne traggono semplicemente ispirazione, rielaborando poi il tutto secondo il personale istinto. Il risultato, quindi, non può che essere una determinata cifra stilistica che al momento pochi altri connazionali possono vantare.
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