Esistono delle icone transgenerazionali, questo è un fatto. E come corollario, c'è un sonoro che sa d'archetipo, a completamento di immagini storiche ben definite da contorni certi. I Treehorn scelgono la pagina Seattle (con le varie divagazioni geografiche) sul libro dei ricordi, e ne sottolineano passi importanti, con citazioni a latere, se nell'ouverture "Stockholm" ritroviamo implosa tutta l'energia dei Soundgarden (periodo "Louder Than Love"), un pezzo di storia dei 90.
Alice in Chains è l'icona che salta in mente ascoltando "Taurus, not Bull", e una felice ibridazione con un James Hetfield degli ultimi (infausti) tempi. "Freeway To The Sun" continua con lo sludge doom cadenzato e dalle ascendenze sabbathiane, e si inizia anche a scorgere la nota personale che sa parlare attraverso una partitura (una a caso) dei Metallica.
Ben realizzato con credibile ruvidezza giovanile, ma de-limitato dallo stesso contesto di referenti che l'ha partorito. Direttamente dalle ceneri, per nostalgici in controtendenza.
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