Un uomo senza volto, senza arti, che galleggia nel non-spazio di un tempo sospeso. Questo è l'uomo senza sensi, primo (o forse ultimo) esemplare di un'inimmaginabile umanità sprovvista di coordinate percettive, questo è il protagonista del viaggio post-rock di "Lesson 3/ How to live without senses", terzo album della band molisana Il rumore del fiore di carta. Se nelle sonorità di "Fallen", entusiasmante prova precedente, si poteva ancora cogliere l'eco terrestre del racconto di chi catapultato in questa realtà sente di non appartenerle, in questo caso il viaggio è la ricerca di un senso - malgrado tutto - diverso.
La macchina umana si è rotta ("Damaged robots"), l'arco del cielo è stato squarciato, la terra è venuta meno: l'uomo galleggiante, eroe del nostro tempo rubato, risale all'indietro, in un vortice in cui non vi è più alcuna regola che determini il movimento ("Part-time superhero"), incontrando figure identificabili ma sconosciute ("Minigolf striker", "Last dog in a talk-show"), paesaggi familiari che però non sanno di casa. L'uomo senza volto né arti vaga attraverso il buio asfissiante e rarefatto della luce che esplode, attraverso la consistenza inafferrabile delle cose, il roboante silenzio del suono che la sua sola mente produce.
Ma la musica può davvero raccontare o emulare questa paradossale forma di esperienza? La difficoltà è percepibile con nettezza: il ricorrere alla semplicità martellante delle melodie sui cui si costruiscono le sette tracce dell'album, come in una forma polifonica post-rock, sembra un'ancora che difficilmente tiene ferma la nave, e l'ascoltatore contina a galleggiare senza una guida precisa. È necessario restare aggrappati a qualcosa, a costo di sacrificare talvolta l'originalità o la sperimentazione. E alla fine, il rifugio sottomarino, edificato a colpi di martelletto di pianoforte ("The blind cosmonaut under the sea"), che sembra un ritorno rassicurante verso casa, il risveglio da un sogno tanto reale quanto confuso, conserva il ricordo di un viaggio straordinario ma non può cancellare i momenti meno riusciti del disco. Un viaggio al limite dell'esperienza, vicino alle colonne d'Ercole del mondo conosciuto, un viaggio dolce in fin dei conti.
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