La Tosse GrassaTG12011 - Pop, Industrial, Indie

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Elenco sommario dei mali della nostra società: i preti, gli psicofarmaci e il Tg1. La Tosse Grassa li riduce in poltiglia, nemmeno fosse Burzum.

Vark Vikernes, in arte Burzum, passava il proprio tempo libero a bruciare chiese. Un hobby quantomeno discutibile, le cui origini non sono facili da comprendere: forse sarà stata una scelta di vita o può anche darsi che appiccare il fuoco alla casa di dio possa far comodo per qualche motivo, specie nel caso riuscisse a dare una mano in fase di creazione artistica. Più intuibili le motivazioni che hanno indotto la Tosse Grassa ad aprire il disco d’esordio con una canzone dedicata al metallaro norvegese, con il quale sembra esserci un’unità di intenti riassumibile in una parola d’ordine: distruggere. Non le chiese (quelle del maceratese, a quanto ci risulta, sono ancora più o meno integre) ma la società in cui viviamo, le sue ipocrisie, il suo perbenismo.

Nel ruolo di one-man-band (esattamente come Burzum, quando dici la casualità), Vanni Fabbri prova a ridurre in pezzi il conformismo della nostra italietta affidando la sua cifra stilistica a un mix di violenza verbale e sarcasmo, testi al veleno e fiero anticlericalismo, individuando in preti pedofili, psicofarmaci, informazione dopata (dice qualcosa il titolo del disco?), sessismo e televisione i principali nemici della nostra razionalità Ad ascoltare “Tg1” saltano in mente i Gaznevada degli esordi ma anche Elio e le Storie Tese prima che indossassero i guanti, confronti che poi sfumano di fronte al feroce taglia e incolla operato all’interno delle singole canzoni, piene di spezzoni rubati un po’ dappertutto (si dice ancora campionare?), dal microcosmo metallaro fino al pop da classifica, non disdegnando un massiccio uso del trash più bieco targato anni ’80 (c’è anche il “Gioca Jouer” lì in mezzo, per dire).

Pugni ben assestati dritti nella faccia dell’italiano medio, che rendono l’esordio della Tosse Grassa dissacratorio e straniante, quasi (quasi) come un’opera di Frank Zappa, con la stessa ironia di fondo ma se possibile ancora più feroce. Mezz’ora scarsa per incazzarsi e ridere al tempo stesso delle distorsioni del nostro tempo. Non è poco. Burzum applaudirebbe convinto.

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La recensione TG1 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-04-02 00:00:00

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