Marco Notari
io? 2011 - Alternativo

io?

Terzo album per Marco Notari. Il grigiore dell’Italia attuale raccontata nella sua cupezza, con poesia e raffinatezza. Tutto carino. Ma perfettino.

C’è un momento in cui qualcosa, nel proprio percorso esistenziale, emerge con la violenza della consapevolezza, un istante in cui la fantasia di una vita lascia posto alla rassegnazione della realtà.
Marco Notari incontra i suoi trent’anni, li guarda negli occhi, incrociando i mille ricordi con l’osservazione del presente e del domani.

“Io?”, terza opera del cantautore torinese, è caratterizzato proprio da quello che è da sempre il vademecum di ogni opera cantautoriale che si rispetti: un’introspezione mista ad una visione lucida della realtà, espressa tramite un codice, personale ed universale al tempo stesso. Uno stilema definito, ben rodato e collaudato. Perfetto certamente, spesso impeccabile, ma scontato. Un aspetto che diviene chiave di lettura di questo disco, un’anima che risiede nella sua assoluta ed irrimediabile normalità. Una normalità che nei momenti migliori significa naturalezza e fluidità delle liriche, ma che nei peggiori esprime mancanza di idee, o almeno di incisività.

Dieci canzoni che trasmettono immaginari vicini a quello che è il paese reale, osservato con una lente offuscata dalle esigenze della poesia, della bellezza protetta dalle impurità. Racconti recintanti da un tipo di magia a tratti surreale, un mondo di merda mai leso né denudato. Un album gentile, che racconta e polemizza senza mai graffiare, spara senza cogliere bersagli, perfino nei momenti in cui liriche e sound si fanno oppressivi ed inquietanti (“Hamsik”). I brani sanno esprimere la nascita - tradita già in principio - dei sogni e delle speranze di una bambina in epoca di crisi (“Dina”), oppure raccontano la xenofobia spicciola di una nazione che non si sa vedere diversa (“L’Invasione Degli Ultracorpi”). Un disco che si racconta mostrando un Italia fatta di affitti esorbitanti, di bambini che crescono nella disillusione e di adulti che guardano con malinconia i momenti in cui sognavano di fare gli astronauti. Ed è proprio questo effetto del contrasto tra mondo interiore ed attualità, aspetto comune a tutte le canzoni, ad esserne croce e delizia, rendendo spesso questo lavoro vittima di soluzioni incapaci di lasciare un graffio.

Arrivato al terzo disco, Marco Notari non dilania l’anima, sua ed altrui, ma l’accarezza nella dolcezza di melodie e soluzioni stilistiche accomodanti, a tratti interessanti, ma che appiattiscono in una melassa dolciastra l’espressività contratta dei nostri giorni. Un lifting interpretativo insomma, accomodante e confortante per se stessi. Ed anche, purtroppo, per gli altri. Noi.

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