Sette brani che rubano i segreti della tradizione cantautorale statunitense, per poi frullarla insieme a suoni elettrici ed effetti post-rock. Un amalgama davvero ben riuscita. I The Great Northen X riescono a non risultare scontati e, soprattutto, possono andare oltre la solita nicchia di genere.
Le prime due canzoni, "Song of Wool" e "Saigon", spiegano bene i pregi e i difetti di questo lavoro: un'ottima sezione ritmica, mai scontata e non troppo invadente, euna dedizione all'effettistica che non sfocia mai nell'esagerazione; la voce invece rimane un po' troppo confusa e rarefatta, rischiando così di non sottolineare a dovere una lieve malinconia alla Elliott Smith. "Sickness of the Great North" è la migliore: nella semplicità di due chitarre acustiche, tamburi ed armonica, la band di Padova riesce a condensare in modo eccellente tutte le anime e le sfumature della sua musica. Davvero un bel disco, da ascoltare in viaggio.
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