Conseguentemente all'abbandono dei fedeli compari, Daniele Marino rimane solo al timone della sua creatura Madea, cercando di impedire che naufraghi nell'Oceano della incompiutezza, sospinto dal vento che porta laddove il rock confina con la zona d'ombra del grunge geneticamente italianizzato.
Si tratta di una registrazione domestica che purtroppo paga lo scotto di una ricerca sonora non molto ambiziosa e che non rende giustizia soprattutto ai brani elettrici, che risultano privi di carattere e a cui la mancanza della sezione ritmica conferisce un maggior senso di incompletezza. La voce molto spesso evoca, forse per similitudine timbrica, ma non solo, i Verdena e in rari casi i Timoria di una dozzina di anni fa ("Ladymadea"), non di rado eccedendo in enfasi.
Tuttavia non va sottaciuto che i brani acustici, pur di maniera, non mostrano gravi pecche e incorporano il germe della melodia maledetta. Nota di merito per gli strumentali che sono forse la cosa migliore: l'acustica "Dammi le ali", minimale e suggestiva, il visionario intro "Mute" e la "Mute II" di congedo, che altro non sono che sei minuti i odore di My Cat Is An Alien.
Parimenti apprezzabile l'uso del delay per tridimensionalizzare la voce sussurrata in "Voragine" e in "Soffocante", ordita su un reticolo di rumori sintetici.
Questo demo, insomma, vacilla tra la (per lo più) sterile urgenza elettrificata - a tratti manifestatamente d'impronta nirvaniana -, e più che aprezzabili scorci ambientali, forse relegati a margine negli intenti. Evidentemente il vento tira forte verso registri più consolidati, ma dove molti precessori si sono incagliati, mentre a latere scorrono nella foschia terre colonizzabili.
Sottrarsi alla cieca forza del vento è difficile ma necessario. Se lo si vuole.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.