Sense Of Akasha
Splendid Isolation 2011 -

Splendid Isolation

Partono con una bordata rock fatta di caos, distorsioni e incedere sostenuto. Parrebbe la svolta, invece è un bel depistaggio, una sudata rock in una rappresentazione post. I Sense Of Akasha tornano con "Splendid Isolation", un album forgiato dalle aspettative e dagli apprezzamenti che il precedente "People Do Not Know Who Rules" aveva creato attorno alla band.

"Splendid Isolation", però, lascia una sensazione crepuscolare di fine dei giochi, della poesia e delle emozioni. Un po' come quando vai a uno spettacolo di magia e quello che vedi non è nient'altro che illusionismo. Perché è questo ciò che hanno fatto i Sense Of Akasha: un duro lavoro di tecnica talmente sopraffina che a volte corre il rischio di rendere la pelle d'oca una gioia superflua e fuori moda. In otto, lunghissimi brani viene abbandonato il lato Broken Social Scene della faccenda (quel pop che puntellava il lavoro precedente con canzoni eccellenti per atmosfere e universalità) in favore di un approccio post rock integrale.

Sembrano concentrarsi dunque più sul come anziché sul cosa, i Sense Of Akasha. Le voci dialogano fra loro come se stessero intonando una ninna nanna consolatoria per anime ammaccate dalla malinconia ("The Real Unreal"), le tastiere vengono pizzicate in slow motion ("Notes From The Recovery Room"), gli ebow stridono e seducono come se stessero pattinando sulle casse dello stereo ("The Happy Melancholic"). Purtroppo però "Splendid Isolation" si bea della reiterazione e della omogeneità, tanto che gli Akasha optano per una formula più dogmatica di un 4-4-2 calcistico. Come se preferissero accontentarsi di raccogliere sbadigli e conservare un pareggio anziché tentare di condurre il gioco pur rischiando la sconfitta. Perché di sbadigli rischiano di essercene troppi, vedi gli esercizi di stile di "Uneasy Dreams" e "Splendid Isolation", roba che svanisce come il sole d'inverno se paragonata allo standard che dieci anni fa i Giardini di Mirò imposero in Italia con "Rise And Fall Of Academic Drifting". E poi quelle infinite e un po' logore esplosioni sinfoniche in coda a quasi tutti i brani, che annacquano la bellezza di melodie fino a quel momento perfette, come avviene per esempio in "Wounded Fools".

Se fossimo a scuola sarebbe comunque promozione, per la classe intrinseca delle composizioni e per qualche buona intuizione. Però tra una promozione con la sufficienza e una col massimo dei voti c'è un elenco di promesse attese e mantenute solo a metà.

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