- Mò je faccio er cucchiaio.
- Ma che sei scemo?
Cucchiaio, gol.
Come quel gesto atletico che è la carta d'identità di un giocatore, che quando glielo vedi fare sembra la cosa più facile del mondo, ma sembra, appunto, perché invece lo sai che se ci provassi tu faresti una figura da raccattapalle del Real Martinsicuro, e allora resti incantato a guardarlo mentre con eleganza, nonchalance e anche un po' di spavalderia, mette la palla in rete.
"Il problema di girarsi", progetto solista di Michele Numero6 Bitossi, è esattamente questo: il gesto peculiare di un talento, una scintilla di bravura che fa sembrare facile quello che facile non è per niente. Non è per niente facile giocare con certe tastierine anni 80 e la tromba easy-listening senza sembrare Jerry Calà. Non è per niente facile intitolare un album con una citazione di Bruno Pizzul e infarcire i testi di campionati, amichevoli d'estate e calciomercato senza scadere nell'italianomedismo, ma anzi offrendo liriche di abbagliante iperrealismo, personali e insieme universali, quotidiane e letterarie, piene di vita anche quando parlano di morte - "Heypa" non potrebbe essere più commovente, nella sua banale intimità.
Non è facile cantare in quel modo un po' così, al limite dell'intonato e dell'assonnato e tenere attiva l'attenzione dell'ascoltatore moderno per tutto un disco, un disco senza effetti speciali, fatto di stile, intelligenza e quella leggerezza tanto sixty che un tempo solo i Baustelle ("Un progetto come un altro", "Arance dal balcone": sussidiari della malavita). Non è facile, e Bitossi lo dice chiaramente in "Rocker carbonaro": "Suonare e scrivere è un lavoro duro". Ci vuole allenamento, come per tirare un rigore vincente.
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