"Dopo quattro Long Island mi trovo in un autogrill a spompinare due slavi. Ma come sono finita qui? Il traffico della A1 scorre ovattato. Qualcuno mi schiaffeggia la guance con il suo cazzo ancora umido" ("Broken Girl")
Quando ascolto dischi come questo mi trovo incastrato un una serie di dilemmi: devo ascoltare la musica o le parole? Devo concentrarmi sul "personaggio" Immanuel Casto o soprattutto sullo stile musicale, sulle scelte dei suoni, sul timbro vocale?
Musicalmente il disco non è nulla di innovativo o dotato di chissà che gusto. Gli anni Ottanta vengono semplicemente aggiornati con suoni più pompati e contemporanei, un po' a metà fra Kylie Minogue e Gabry Ponte. Alcuni stacchi, che in principio esaltano, si trovano identici in pezzi successivi (basti sentire il "rallentamento" in "Escort 25" e in "Crash"). Forse il disco dura troppo, gli ultimi tre pezzi, e probabilmente anche "Revival", potevano essere cestinati per alleggerirlo e renderlo più incisivo. La voce di Immanuel, tuttavia, è dotata di un portamento quasi regale, epico. Le voci femminili, spesso molto fredde e marziali, funzionano splendidamente nel contrasto che si crea.
Ma il piatto forte non è sicuramente questo. Sono le parole. È il mondo di cui si riempiono. Siamo noi. Con una particolare attenzione alla sessualità, Immanuel fotografa, forse caricaturando, mai edulcorando, la malattia e il vuoto di un mondo corrotto, in cui ormai perfino il corpo e i sentimenti sono mercificati e svuotati di un senso. Potrei citare Habermas e la colonizzazione della Lebenswelt (il mondo della vita) da parte delle logiche economiche. E vaffanculo. Lo faccio senza vergogna. Immanuel viviseziona la sessualità per portare allo scoperto il marcio e mostrare così dinamiche più ampie della società. Dinamiche che si infilano ormai anche nelle mutande della gente.
I valori della cultura e del lavoro vengono spazzati via dai soldi facili della prostituzione ("Perché lavorare in un call center quando potrei fare pompini in Costa Smeralda? Perché imparare ad usare il congiuntivo quando sono così brava ad aprire il culo?" - "Escort 25"), mentre le masse si emozionano per l'ennesima storia macabra propinata dai mass-media ("La pornografia dei sentimenti, drammi catodici per deficienti. Ucciderei per diventar una Killer Star" - "Killer Star"). I corpi diventano la moneta di scambio del potere ("Do ut Des"), mentre un senso di vuoto ci attanaglia, e "nemmeno il porno lo riempirà" ("Il Sesso Vende Sempre"). Gli incubi di Cronenberg si materializzano nell'ironica "Crash", in cui il sesso coinvolge l'infernale e onnipresente medium, il computer ("A furia di scaricare m'intaserai. Aprimi il Pc, formattami l'HD, montami la RAM, riempimi di spam").
I frangenti in cui il sesso si manifesta slacciato da queste logiche, anche nelle situazioni più degenerate, risulta, in fin dei conti, romantico, malinconico, ma non osceno. I protagonisti di "Popper", ovviamente strafatti di popper, scopano selvaggiamente ("Guardami negli occhi mentre ti vengo dentro") ricordando gli anni passati al Cocoricò. La ricerca della libertà di generazioni bruciate dalle droghe sintetiche. La protagonista di "Broken Girl", il vero capolavoro del disco, non è scandalosa. È solo triste, alla disperata ricerca della felicità nell'alcol: "Preservativi usati ai piedi del mio letto. Ne guardo uno. E rivedo me stessa: una carcassa di silicone odorosa di sperma rappreso". Come nei film di Sacha Baron Cohen, in fin dei conti l'osceno non è il protagonista che racconta o mette in scena il proibito, ma tutto il mondo che lo circonda. Quindi il racconto della sega "consolatrice" da parte di un'amica ("Gioco di Mano") risulta pulito, gioioso, incontaminato. Poetico.
"Adult Music" per molti versi è un disco di denuncia. Quindi, se vi piacciono Zen Circus, Il Teatro Degli Orrori, ma anche l'ultracontemporaneo Le Luci della Centrale Elettrica vi potrebbe piacere anche Immanuel Casto. C'è dentro un analogo ritratto, quello di un mondo corrotto e vuoto. E analogamente la musica non è ricercata né avanguardistica. Con la differenza che Immanuel probabilmente è solo un grande paraculo che non vede l'ora di fare un sacco di soldi. Sicuramente è più sexy di Appino degli Zen.
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La recensione Adult Music di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-09-16 00:00:00
COMMENTI (12)
Sbigottito e incredulo. L'ascolto di questi pezzi ti pianta sul viso un ghigno imbarazzato: vorresti spegnere e invece stai li incollato ad ascoltarti sta divertente trashata.
Che dire, un disco da far ascoltare a mammà.
Io proprio non ci ho le parole, ecco.
A me non dispiace... è devo dire che la recensione ha riassunto abbastanza bene quello che penso dei suoi testi, all'apparenza "na frociata" e gratuitamente volgari, ma che in realtà sono racconti più profondi e gelidi di quanto possa sembrare!
E poi cavolo,per lo meno con i voli pindarici di Casto ci si può anche divertire... con quelli di Brondi al massimo ti prende male la fattanza!
Lui è un misto tra garbo e Dan Harrow. Secondo me comunque sto disco almeno un ascolto lo merita.
non capisco...non capirò mai...
"Potrei citare Habermas"
ancora non ci credo.
boia, non ho mai riso così tanto. Il picco da "potrei citare Habermas" in poi.
cit. ""Adult Music" per molti versi è un disco di denuncia. Quindi, se vi piacciono Zen Circus, Il Teatro Degli Orrori, ma anche l'ultracontemporaneo Le Luci della Centrale Elettrica vi potrebbe piacere anche Immanuel Casto. C'è dentro un analogo ritratto, quello di un mondo corrotto e vuoto. E analogamente la musica non è ricercata né avanguardistica. Con la differenza che Immanuel probabilmente è solo un grande paraculo che non vede l'ora di fare un sacco di soldi. Sicuramente è più sexy di Appino degli Zen. "
questa vale tutta la recensione. sicuramente Casto mi fa più sorridere degli Zen...
Non fa una piega.
anche a me devo dire la rece ha incuriosito e mi è piaciuta, però conoscendo un po' la roba che fa Casto e avendo letto anche un po' di interviste non so se lo incorenerei cantore della nostra società... mi sa che l'ipotesi "gran paraculo" mi trovi più d'accordo... my humble opinion