Rock fisico e potente, chitarre grattate, slide a solcare il tracciato di un rock dalle ascendenze blues. Questi elementi – sommati ad una voce che sa essere sensuale e strascicata, più una batteria pestata a dovere – confermano le premesse di un Ep che aveva creato non poche aspettative attorno a questo terzetto di Varese. Dopo "Prologue", ecco dunque "Wherever you go": dieci tracce belle cariche, capaci di andare dritte al sodo.
Si parte con la strumentale "Coyote", che con le sue chitarre ipnotiche conquista subito l'ascoltatore, facendolo entrare nel mood del disco. Poi lo travolge, incatenandolo in un vortice energico di suoni pieni e potenti, che, a partire da "White walls", si dipanano traccia dopo traccia.
E così, con una strumentazione consistente in una batteria e due chitarre, i There Will Be Blood sono in grado di prenderti, farti girare vorticosamente e buttarti da una parte all'altra, come in balia di un'onda che si divide e si infrange su più fronti, lasciandoti senza respiro. Sporchi, distorti e tirati, con il loro blues portato alla massima velocità, ricordano certe divagazioni rumoristiche à la Jack White. E sempre i White Stripes vengono indirettamente chiamati in causa, quando parte "Death Letter", cover del bluesman Son House, già omaggiato in precedenza dalla band di Detroit. Ma qui sono anche certi Led Zeppelin e, in generale, un po' tutta quella contaminazione fra blues, garage e hard rock ad essere chiamata in causa.
E una cosa è certa, dei There Will Be Blood sentiremo parlare ancora. "Ovunque andremo".
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