Stanotte ho calcolato il peso specifico di un'assenza, e l'ho fatto ascoltando Casa del Mirto. Perché è inutile perdere tempo a cercare spazio se poi non riesci a metterci dentro quello che vuoi, e il tuo rapporto con l'ambiente circostante si risolve in vani tentativi di completamento umano. I lunghi minuti che scorrono piacevoli ascoltando "The Nature" sono i passi che muovi tra le tue stanze, tra gli accostamenti di colori neutri e le tinte accese, tra le finestre chiuse che comprimono e scaldano, e tu che guardi; è l'elettronica da bedroom act che acquista piena dignità musicale, declinata in mille modi e forme, limata, strutturata. Dimenticatevi il lo-fi, perché qui siamo davanti a un lavoro estremamente curato.
Già da "Human feelings", primo singolo estratto dall'album, la trama di archi sintetici e linee di basso decise, unita alla morbida ed effettata weak voice tipicamente chillwave, spalanca le porte a eterei sorrisi e rende bene l'idea di ricerca presente in ogni brano: si alternano synth ballads e velleità cosmicobaleariche, un palese riferimento ai Beloved ("Ultimatum") e innamoramenti apocalittici tra sussurri e delay ("Good boy"). E si può ballare, e si può pensare, e muovere passi nella direzione che preferisci tra le mura spesse incapaci di contenere, ma buone solo a riflettere quell'assenza che ti mangia il cuore.
Numerosi i featuring, che vedono impegnati gli Holydays, Freddy Ruppert, Hot Sex & High Finance e soprattutto i Cornershop che impreziosiscono "Snap yr cookies" con voce deeply moody, senza dimenticare Marco Orrico dei Camera 237 che canta nella incantevole "Don't let me down", un brano che vorrei m'accompagnasse ogni volta tra i cuscini e i sogni. Il cerchio si chiude con "The end" che veleggia tra uggia e clap your hands come in un ballo con testa inclinata e mano sul mento, e le impressioni sono belle, e la musica è bella, e già vedo riempirsi di aria nuova il mio spazio.
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