Botta di energia ad aprire questo EP, ma che rapidamente si esaurisce. Ci tradisce. Si limita a scuoterci nei primi 20 secondi e si dissolve inesorabilmente durante l'ascolto della traccia stessa ("Tradendo me") e dei restanti 3 brani. Gli anni '90 il decennio di riferimento. Brandon Boyd e i suoi Incubus, i guru da cui pendono labbra e strumenti degli Invasi.
Giovane band marchigiana che si cimenta con il grunge (dei soliti Pearl Jam) e il post-rock, ma che non ottiene i risultati auspicati. Le sensazioni di inquietudine, tormento e di questioni irrisolte - espresse nei testi - non coincidono con le sonorità proposte. Tutto troppo patinato. Evidentemente in studio si è ricorsi a una pulizia feroce e incontrollata, rendendo così il sound troppo edulcorato e poco viscerale. Nonostante le chitarre siano pesanti e le urla e il cantato vigorosi (a parte le "stecche" in "Quale nome vuoi"), il suono d'insieme si rivela troppo stemperato. Pop-rock. Pop.
Basso e batteria picchiano, ma i colpi e le percosse che subiamo sono deboli. Molto meglio quando le atmosfere si addolciscono "a viso scoperto" ("Ed il cuore immagina") e le parole enunciate risultano immediatamente più credibili. Si tratta quindi di intuire quale sia la dimensione più appropriata. Cogliere e sviluppare una poetica sonora che si adatti alle caratteristiche della band. Intagliare una più giusta identità, che sia coerente e che convinca, è il primo passo da compiere per raggiungere la maturità.
---
La recensione Ophelia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-11-03 00:00:00
COMMENTI