Prequel rispettabilissimo, questa ripresa live, che ribassa le lancette della storia fino al 2010, rispetto al buon “Quarter Century”, summa piuttosto avanguardistica e in qualche misura prewar (se non pre-history) del musicista siracusano.
Proveniente da pregresse esperienze con altri musici siciliani (Suzanne’s Silver uber alles), il Nostro mette in fila 13 saporite performance, imperniate sul gusto retro di un folk a forte componente bluesy, dove un’intera protostoria del genere viene scarificata e reinterpretata attraverso una visione piuttosto personale.
Solipsistica rappresentazione per uomo-solo-e-chitarra, rude e percussiva risulta "Dust, No Place", meditativa e 'di stomaco', un po’ Lanegan nella sua fragile deriva grunge. Rispettabilmente indie è la nitida, un po’ traditional, “Wait”, vecchio trattato angloamericano, in una chiave mirabilmente attuale; così come desertica declinazione a là Calexico, o smarrimento d’Arizona, risultano buona parte delle perle messe in campo (da “Spectacle” a “Nothing”).
Un po’ caotica e meno sfumata suona la pur bella ”Little Island”, frenetico ribollire di un musicista inquieto, ma lucido e determinato. Altra buona prova dietro di sé.
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