Debutto autoprodotto per questo trio torinese, la cui arma più affilata, tra l’armamentario esibito, risulta l’amore incondizionato per il postrock chicagoano, dove e quando (ormai un ventennio addietro) si preparava la fucina di una buona fetta di quella che sarebbe diventata Storia del suono.
Ottima l’opener “Johnny survival pocket guide”, che, senza troppo baccano, fonde postrock con sani riferimenti ad uno stoner-metal, saturo di cloni certamente, ma stranamente (e meritoriamente) aspecifico.
Noise-punk preistorico, “Deceptions”, con doppia cassa a segnalare ascendenze heavy, che potrebbe suonare come se dietro gli strumenti ci fossero i D.R.I. in combutta con Dave Lombardo. La riflessività post di “Layers” risulta un esitante interludio post, strategicamente al centro della playlist, prima del monolite di “John Carpenter”, rock’n roll desertico, scuro e disossato, tra matematica e freddi fondali synth.
Il trio dimostra una personalità fuori dal comune, sia nel plasmare materia “scottante”, in quanto soggetta all’usura del tempo, sia nel coniugare ottima tecnica e spinta viscerale. Da tenere d’occhio.
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