Mr. Entics ha capito il gioco e suona nuovo.
Da anni infatti il sing-jay milanese colpisce il mondo dell'underground a suon di mixtape e collaborazioni forti con la prima classe del rap italiano, attirando gradualmente sempre più attenzione su di sé.
Il linguaggio stilistico è assolutamente fresco, abbastanza robusto per lasciarsi alle spalle i caratteri standard del - mi vien da dire, generalizzando - poco coraggioso dancehall style italiano; ancorato fin troppo a un'idea anziana del genere, al circuito contro dei centri sociali e all'integralismo delle liriche militanti. Per carità, il reggae può essere anche questo – ancora - ma la voglia di qualcosa di differente scalpita, c'è bisogno anche di tutt'altro. Come dappertutto. Non a caso il mix musicale di Entics in un attimo ha incendiato una vera e propria passione tra i giovani e "Soundboy" oggi balza tra i primi posti delle classifiche.
Questa roba è popolare.
Come unire sonorità tipicamente giamaicane, melodicità pop semplice ma entrare anche in piena sintonia con il panorama ultra competitivo dell' hip-hop di oggi? Più facile di quel che sembra. La caratteristica vincente di questo "Soundboy" sta nell'aver saputo ricreare un immaginario fortemente urban (raro nel reggae italiano), descrivendo le dinamiche della città - di una città come Milano - dove gli ambienti, le atmosfere e le persone che Entics frequenta sono strettamente connessi tra loro, si influenzano e camminano insieme già da tempo. Gli spray e i colori del writing, le prime compile, le buste di erba, le ragazze, le jam, la caccia agli ultimi riddim su cui re-inventarsi. Tutto in musica, tradotto con la ballabilità e il calore più caraibico possibile tra i palazzoni e le nebbie meneghine.
Tanti episodi divertenti da segnalare: oltre all'estiva youtube hit "Click" si passa da collaborazioni davvero ben riuscite come "Fai la chat" in combinazione con Jake La Furia, al funky groove inaspettato di "Pronti a fare jam" fino a pezzi come "Telephone call" con il tema squisitamente giamaicano di raccontare storie legate ai telefonini (flirt, intercettazioni...) come fecero in passato tantissimi, da Bounty Killa a Kiprich o gli ultimi Major Lazer. "Quanti no" è invece una sorta di pellicola-storytelling dal sapore agrodolce: frame dopo frame, ci racconta come un tempo, quando era uno dei tanti Mister X, venisse rimbalzato dalle ragazze mentre ora, con il successo, il contratto, il rispetto acquisito, tutte tornano a chiedere elemosina e si mettono in fila per salire in Hotel. Criticato spesso per trattare troppo di ganja nei testi, ora di brani esplicitamente erbalistici se ne contano soltanto un paio mentre predomina un po' in tutto l'album lo stile lover. A tratti sicuramente un po' troppo zuccheroso e sdolcinato per chi ama la roba più bad, ruvida e spinta (la cosiddetta slackness del ragga) ma pur sempre lucido e abile nello sceneggiare il proprio film con cura.
Insomma, Entics non è certo un campione delle rime e degli incastri o un cantante dalla formidabile padronanza vocale; e mentirei se classificassi "Soundboy" come un album imperdibile, da collezione, ma tutto ciò conta poco.
Nel reggae a fare la forza di un artista, oggi, non sono più tanto i dischi nella loro interezza bensì i singoli. E di questi Entics ne ha a sufficienza, senza dubbio. Il valore di questo disco sta nella voglia di novità, nel coraggio di entrare nella partita e cercare una buona volta, a costo di deludere qualche fan e inimicarsi qualche pioniere di una scena intramontabile, di cambiare qualche regola.
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La recensione Soundboy di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-10-05 00:00:00
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