Ritrovare Umberto Palazzo nelle vesti di (cant)autore solitario non dovrebbe sorprendere più di tanto; il suo nome é infatti comparso quasi sempre nelle ragioni sociali delle band in cui ha militato, quasi a voler ribadire la sua centralità nel ruolo di deus ex machina.
Stavolta, però, i Santo Niente non compaiono minimamente, a riempire lo spazio ci sono esclusivamente 8 canzoni, lontanissime dall'immaginario sonoro a cui l'artista pescarese ci aveva abituato. E si tratta di 8 episodi che rappresentano praticamente una vera e propria svolta; sembra infatti che Palazzo abbia deciso di mettere da parte le pulsioni di gioventù e, in prossimità dei 50 anni (non si direbbe a vederlo...), si sia messo alla ricerca di nuovi stimoli pescando a piene mani dalla tradizione italiana piuttosto che dai classici su cui ha formato la sua cifra stilistica. Il risultato, quasi da non crederci, é probabilmente superiore alla maggior parte delle produzioni passate, anche quelle che rappresentano un po' i punti di riferimento del suo zoccolo duro.
In "Canzoni della..." cambia infatti completamente la prospettiva, tanto che alla fine é proprio questo l'aspetto più interessante della faccenda. Stavolta, per capirsi, mancano i chitarroni e tutto ciò che caratterizzava il sound targato Santo Niente; in compenso troviamo un artista che ci svela un inedito (e inaspettato) stile compositivo che si contraddistingue per il mood sospeso tra la rabbia e la malinconia.
Sicché l'uno-due iniziale ("Terzetto nella nebbia" e "La luce cinerea dei led") svela i "nuovi" punti di riferimento: Black Heart Procession e Cesare Basile, ma anche Piero Ciampi e Nick Cave - mi fermo qui ma stavolta la lista sarebbe veramente infinita. Insomma, per capirsi, l'ispirazione viene da tutto quell'universo musicale dove a farla da padrone sono spesso le atmosfere acustiche secondo l'insegnamento del less is more.
Poi, ovviamente, la ricerca di Palazzo non si ferma qui, ma arriva persino a contaminarsi con la tradizione napoletana nella bellissima "Café chantant", forse il brano più distante dalle sonorità tipiche dell'artista e prorio per questo il più sorprendente. Ma affascinano anche la successiva "Aloha" e "La controra", canzoni che riportano alla memoria tanto i catanesi Flor (de Mal) quanto i mai rimpianti Lula. E probabilmente sono proprio queste due tracce a rappresentare l'ideale chiusura del cerchio, nel senso che se "Canzoni della controra..." fosse stato partorito 15 anni fa avrebbe quasi sicuramente trovato posto nel catalogo della Cyclope records di Francesco Virlinzi.
Rimane invece una raccolta del 2011 e nulla ci impedisce comunque di goderla appieno per quello che é. Certo, dovrete avvicinarvi senza pregiudizi e predisposti ad assecondare i nuovi propositi artistici di Palazzo. Difficilmente ne rimarrete delusi.
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