«Che cos'è il genio?» si chiedeva un ammirato Rambaldo Melandri (Gastone Moschin) in "Amici Miei - Atto II" di fronte ad un magistrale scherzo orchestrato dall'amico Necchi. «È fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità di esecuzione", si rispondeva immediatamente».
Forse sì, ma se dovessi rispondere io direi che riconosco il genio soprattutto laddove percepisco un risultato, una compiutezza che riesco sì a capire e ad apprezzare, ma che in nessun modo io avrei potuto raggiungere. Il genio va in qualche modo a braccetto con una certa idea di semplicità. Stanno lì a dimostrarlo - per dire - l'elementare eleganza della Teoria della relatività ristretta di Einstein, oppure le nitide architetture meccaniche di Leonardo. O anche la cagata del Necchi.
Ecco, a me non è che piaccia molto parlare di genialità, perché - un po' come un sacco di altre parole di questi tempi - è un termine abusato, che come tale ha perso molta della sua valenza. Però, per capirci, se ci mettiamo d'accordo che io intendo il genio in quella maniera lì, che lo riconosco nel mio stupore di fronte a una cosa che mi è chiara eppure inafferrabile ("Avrei potuto farlo anche io, ma non avrei mai potuto pensare di farlo"), ecco allora che per me Musica Per Bambini (al secolo Manuel Bongiorni) è davvero geniale.
Un sacco di righe e nemmeno una parola sulla musica. Quindi.
Questo "Dei Nuovi Animali" è album spigoloso e ruvido abbastanza da mettersi al riparo da qualsiasi pretesa di successo nazionalpopolare, eppure capace di melodie istantanee, non banali ma "orecchiabili", si diceva un tempo. Una lucida follia di citazioni musicali, che frullano di tutto dall'elettronica al grind, dall'hip-hop alla - per l'appunto - musica per bambini (minuscolo). Ritmi maniacalmente spezzettati, schegge di chitarre e distorsioni sono gli elementi di un'elettronica isterica che mette a braccetto accademia e punk. Una sorta di Bologna Violenta meno cupo e più melodico, per chi ha confidenza con l'opera di Nicola Manzan. Il tutto al servizio di un mucchio di parole. Parole che raccontano con squisito spirito nonsense tragedie e commedie umane. Uno sguardo orgogliosamente fanciullesco sulla vita, a tratti inaspettatamente spietato come solo i bambini sanno essere.
Gli spassosi skit parlati - già presenti nel precedente album e che qui si rinnovano a titolo "Il simulatore di spettri" - non sono certo una novità assoluta (gente come Rocco Tanica è da anni maestra in questo genere di cose), ma non c'è niente da fare: c'è qualcosa, nelle voci pitchate che recitano sketch surreali, che l'avrà sempre vinta sul nostro umore.
Le collaborazioni vocali (Giovanni Gulino dei Marta sui Tubi e Caparezza) provengono da progetti assolutamente consanguinei del pazzo universo di Bongiorni in pensieri, parole, opere e pure omissioni.
Si potrebbe rilevare che la formula rimane pressoché identica rispetto al precedente lavoro e, personalmente, da chi già da tempo ha scelto di muoversi in territori così avventurosi mi aspetterei ogni volta un passo ulteriore verso il dirupo, mentre qui ci si muove all'interno degli agevoli confini di una modalità, che, per quanto peculiare, è ormai acquisita. A chi già ha assimilato la particolarissima idea musicale che sottendeva il precedente "Dio Contro Diavolo", orfano del celebre effetto-novità, può risultare meno facile lasciarsi entusiasmare dagli episodi meno eclatanti di questo nuovo album. Ma resta il fatto che Musica per Bambini è al momento una delle voci più originali, coraggiose e folli che si muovono in Italia. Lo si continua a percepire con chiarezza negli episodi più felici: le orchestrazioni di ":)", le atmosfere di "Ci vorrebbe una fabbrica", le melodie sghembe di "Mappamondista".
Fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità di esecuzione. Tutte doti che Musica per Bambini possiede. E in più: la capacità di stupirmi facendo cose che potrei fare anche io, se avessi il cervello di Manuel Bongiorni.
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