Se è da un po' di tempo che vi svegliate la mattina con una sferzante vena polemica nei confronti del mondo e cercate un qualche prodotto artistico che aderisca alle vostre emozioni, avete almeno tre possibilità. Aprire un libro di Chuck Palahniuk. Scorrere la lista dei vostri dvd, e arrivare a "Natural born killers". Se però volete qualcosa di nuovo, la soluzione ha un nome ben preciso. "Siamo pur sempre animali", disco d'esordio dei Venus in Furs, è rimasto diverse ore sulla mia scrivania prima che io mi decidessi ad ascoltarlo. Un nome è una promessa, e il quartetto pisano prende in prestito il proprio dalla più suggestiva canzone dei Velvet Underground. Il timore, pregiudiziale, è quello di restare delusi, situazione che verrebbe giustificata dalla giovanissima età dei componenti della band. "Una carta d'identità rilasciata all'anagrafe solo dopo il crollo del muro di Berlino" recita il loro comunicato stampa, e di quel crollo – gioiosa rovina – i Venus in Furs hanno assorbito a pieno i tratti distintivi.
Tredici tracce come proiettili. Molte, per un disco d'esordio, a dimostrazione dell'urgenza comunicativa di questi ragazzi. La prima, "Nefasta in testa", fa rima con "Festa mesta" dei Marlene Kuntz anche nell'irruenza del riff. Le successive sono scandaglio infallibile del mondo esterno e interno al rock. Esterno, per l'attenzione dedicata alla cronaca nera ("La mattina di un nuovo disastro"), l'immancabile attacco alle istituzioni ("Cecilia e la famiglia", "Toc toc"), con un dissenso festoso che si priva dei toni pesanti de Il Teatro degli Orrori o di gruppi affini impegnati nella scena nostrana. Interno, perché i Venus in Furs spaziano tra le sfumature possibili del genere a cui appartengono, dalla psichedelia al punk, sostenuti da ritmiche convincenti e ritornelli di facile memoria.
La promessa implicita nel nome è mantenuta dai giri ipnotico-erotici in "La vendetta di Praga", attinti a piene mani dal capolavoro di Lou Reed, per sconfinare poi nell'ultimo pezzo, "In questa città", con l'illustre partecipazione di Andrea Appino degli Zen Circus, Gianluca Bartolo del Pan del diavolo e Francesco Motta dei Criminal Jokers. La domanda-chiave che i Venus in Furs si pongono è "Ma non sarebbe meglio stampare un bignami per ventenni Duemila?". Senza accorgersi, che per l'appunto, l'hanno appena fatto loro.
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La recensione Siamo pur sempre animali di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-10-27 00:00:00
COMMENTI (1)
Grandi loro, una lunga attesa ben ripagata ;-)