Chi non ricorda i memorabili viaggi nello spazio di Bowie, perso tra stelle e galassie visionarie, mentre i piedi rimanevano saldi a terra, tra nostalgia e smarrimento e vorticose rotazioni nell'universo infinito dell'indimenticato Major Tom. Ho sempre immaginato così un mio ipotetico futuro da astronauta: paura consapevole accompagnata da buona musica.
E allora prendiamo "I Am Ian" e portiamoci in prossimità della rampa di lancio, perché Ian pare sia un provetto spaceman e ci saluta sorridente dal finestrino, mentre si diffondono scariche di pop elettronico dal piglio caraibico ("Out Of Control"). E balla contento, mentre la forza di gravità lentamente l'abbandona e, sul confine tra l'azzurro e il blu e un orizzonte scuro, ammicca con trascinanti percussioni e canta sensuale passandosi la mano tra i capelli ("They Call It Abduction"), per lasciarsi andare all'irrefrenabile gaiezza electrocountry di "Spacecraft", probabilmente proprio nel momento in cui guarda la Terra da lontano, come se non fosse sua, e qui balla ancora di più.
La Costellazione di Orione è vicina e il mood si fa più profondo, gli effetti malinconici e i riverberi riflessivi, e i toni bassi conducono il nostro eroe verso la stella più luminosa, Rigel, e dopo aver ballato per 775 anni luce finalmente si distende in una nuvola luccicante di synth, e chiude gli occhi, non riuscendo ancora a capire la differenza tra approdare e perdersi. E mentre li riapre lentamente, la musica continua a suonare piena, tra artifici tecnologici e sperimentazioni sonore che diventano quasi visibili per la loro rotondità. Un gran saluto a Ian, ovunque egli sia, e applausi per i To You Mom.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.