Crookers Dr. Gonzo 2011 - Elettronica

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Scrivere di un nuovo album di Bot e Phra non significa soltanto scrivere del nuovo step artistico di uno dei team produttivi più in vista di oggi, ma anche di tutto quello che è successo nella – diciamo per comodità – musica house italiana degli ultimi 5/6 anni. Di quello che è stato dall'avvento del progetto Crookers e di quello che ha significato per una nuova generazione di producer. Insomma, di quello che è lo stato di salute di questa scena oggi, alla fine del 2011.

Quindi sgomberiamo subito il campo da un assunto: che questo sia il seguito dell'attesissimo "Tons of friends", il disco con le collaborazioni illustri (Will I. Am, Kelis e Roisin Murphy, giusto per citarne tre) e i pezzi spacca-chart. Nossignori: nessuna concessione alla musica pop, nessun tentativo di trovare la hit radiofonica. Qui siamo nelle viscere del suono Crookers, alle radici di quella miscela esplosiva che ha saputo lanciarli anni or sono. Non è un caso infatti che gli ospiti siano tutti producer di una certa fama nel mondo del club, ma non certo facce da classifica. E la loro distribuzione all'interno delle tredici tracce dell'album è ulteriore testimonianza di uno spirito di collaborazione nella scrittura che nel precedente album sembrava, in più casi, mancare (il vero motivo per cui considero "Tons of Friends" un disco riuscito a metà).

"Dr. Gonzo" ha solo tracce da club, tese a dimostrare la capacità del duo di cavalcare il suono di oggi e al tempo stesso di saper guardare alle radici della dance music. Di far funzionare la pista e al tempo stesso di confonderla con strutture sbilenche, suoni inaspettati, particolari devianti.
L'intro prodigiana (periodo "Music for the jilted generation", 1994) e il seguito aggressivo di "Dushi", prodotta dai soli Crookers, la dice lunga sulla direzione intrapresa nell'ultimo periodo: siamo lontani dagli inni da peak time di certi remix come "Thunderstuck" o "We are all prostitutes". Anche la successiva "Wake app" conferma questa sensazione: c'è il nume tutelare Dave Taylor, da sempre un riferimento per il duo (ha anche mixato "Tons of friends" e co-prodotto con Diplo "Jump up" sul fondamentale primo disco di Major Lazer) a fare capolino qui come in altri luoghi dell'album, soprattutto nella costruzione del groove, nell'uso di certi rapidissimi break di percussioni ("Get the fuck out of my house", "Carcola") . E poi c'è tanto Dance Mania sound ("Springer"), tanta house anni '90 ("Hummus", e che stupore sentire Hudson Mohawke in questa veste), tanto Baltimore club incattivito ("Gonzo C.A.M.P.", "That laughing track"), persino gabber (la folle "Texx", citazione di "Per un pugno di dollari" su beat hip hop all'inizio, parte centrale con cassa Rotterdam distorta e finale con arpeggio trance).

C'è tanta voglia di sperimentare senza troppe paranoie, insomma, senza concedersi eccessivamente alla pista ("Woh A Do", l'hip hop strumentale di "Just the end"), dimostrando di avere ancora idee da vendere. Di sapere, soprattutto, entusiasmare quelli là fuori che si ricordano bene di certe cose che i Crookers sanno fare (ricordate il remix alternativo di "I want your soul" di Armand Van Helden?). Questi due, finché il livello rimarrà così alto, finché continueranno a smarcarsi da ogni ruolo e da ogni possibile clichè della dj culture, non perderanno nemmeno un centimetro, non si muoveranno dalla posizione meritevolmente acquisita sul campo in questi anni.

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La recensione Dr. Gonzo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-10-31 00:00:00

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