Piet Mondrian
Purgatorio 2011 -

Purgatorio

I vizi capitali non sono atteggiamenti passeggeri o momentanei, cattivi costumi che un cambio di mentalità spazzerà via. Sono comportamenti e attitudini che fanno parte del nostro DNA e non possono essere estirpati. Inutile fare moralismi, meglio prenderne atto a descriverli. Questo hanno fatto i Piet Mondrian, con un disco ostico e a tratti pesante. Ma in grado di dare anche parecchie soddisfazioni.

"Purgatorio" è un disco difficile. Personalmente ho fatto davvero fatica a capirlo e ancora di più a scrivere questa recensione (sarò ormai alla quinta versione). Il motivo è presto detto: il primo disco dei Piet Mondrian mi aveva folgorato, i primi ascolti di "Purgatorio", invece, mi hanno deluso. "Misantropicana" era un disco intellettualoide e radical chic, bilanciato però da un approccio pop, che permetteva di entrare subito nell'atmosfera dell'album. Per questo, l'impatto con il secondo lavoro è stato tutt'altro che positivo: la prima impressione è stata quella di una totale monotonia, in cui proprio la componente vincente del taglio pop sembrava essere stata cancellata.

Se però si dà fiducia a Michele Baldini e alle sue due nuove compagne di viaggio, le cose cambiano. Dietro a giri minimali e ossessivamente sempre uguali a se stessi, iniziano a emergere cori e seconde voci. Piccole variazioni, certo, ma talmente significative da cambiare segno all'ascolto. Se si riesce ad aggrapparsi a quei pochi elementi vagamente pop, si riesce a riscaldarsi anche nell'atmosfera glaciale che si avverte nel disco. Solo a quel punto si può entrare davvero nei testi, che si confermano intelligenti e sempre un passo di lato.

Quello presentato dai Piet Mondrian è un panorama desolante, in cui nessuno vince e in cui tutti sono schiavi di qualcosa. Del resto, come detto, si parla di vizi capitali, uno per ogni canzone. E la disamina della situazione è impietosa. Prendiamo "Accidia", che ribalta in un ritornello decenni di contrapposizione figli-genitori: "Guardo la foto di mio padre, e quella di mia madre e non è questa la fine che farò. Non perché voglia loro male, non perché li voglia avversare ma semplicemente non potrò. E mi accorgo che la mia vita mi sta sfuggendo tra le dita". Prendiamo "Gola", che prende uno dei bisogni primari - la fame - e lo usa per farsi beffe di tutti i patemi d'amore di questo mondo: "Lo stomaco urlava più di un cuore solo e malinconico". Avanti così, mai banali, mai scontati, mai moralisti. Spietati, quello sì. E per fortuna, direi.

Tirando le somme, "Purgatorio" non è un disco incisivo e folgorante come "Misantropicana", ma rappresenta senza dubbio una conferma per i Piet Mondrian. Certo, è ancora più evidente quanto sia forte il rischio di diventare parodie intellettualoidi di se stessi. Rispetto al primo disco, ci sono andati molto più vicino.

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