Non sono geniali come i due Kaufman a cui hanno rubato il nome, non sono multidimensionali come il film a cui hanno rubato il titolo, ma, anche in italiano, si confermano autori di un rock semplice ma curato e di qualità.
Da un disco che parte senza nessuna intro ma con un “ti odio” a bruciapelo, mi aspetto che diventi il mio album da incazzatura dell'anno. Delusione: il resto non trasuda cattivi sentimenti, peccato. Continuerò a cercare qualcosa per i momenti di furia, ma intanto vediamo cosa ci riserva, dopo il “ti odio” - che è l'inizio di “Labbra”, uno dei pezzi più rock – il secondo lavoro dei Kaufman, passati nel frattempo alla lingua italiana (sembra che sia proprio un passo obbligatorio per i nostri compatrioti anglofoni): un rock lineare e classico, prodotto con cura e professionalità, e che proprio in questa pulizia ha il suo limite maggiore.
Si ha la sensazione che manchi sempre qualcosa in queste canzoni: una sbavatura, uno scatto, un'alzata di ingegno che sia davvero sovversiva (no, non basta il titolo dell'ultima canzone, “Rivoluzione”) come può esserlo quell'attacco di “Labbra” (sì, mi sono fissata. Ma è una delle cose migliori dell'album). Poi, come quasi tutti i difetti, questa può essere considerata anche una caratteristica positiva: niente sbavature, appunto, ragion per cui “Magnolia” si fa ascoltare senza intoppi dall'inizio alla fine, senza sconvolgere ma anche senza annoiare, con la sua alternanza di power-pop (“Cheesecake”, “Luna”), ballate romantiche (“New York”) e rock più cerebrale (“Josephine”, “Metrò”), e la sua attenzione ai testi, che sono l'elemento che più di tutti fa alzare la barra della qualità al di sopra del livello di sufficienza, tra fughe da fermi, incubi e qualche immagine non usurata (la lavanderia a gettoni per l'anima, il cuore dentro una cheesecake...).
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La recensione Magnolia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-12-19 00:00:00
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