Folgorante ritorno sulle scene per una leggenda del garage italiano
Non sono l’ennesimo gruppo pop punk che parla di ragazze, surf e birre in compagnia. Non sono un’altra band di ragazzini che vuole omaggiare il garage-rock del passato cercando di copiare lo stile e l’attitudine di gente come i Fuzztones, giusto per fare un nome. I Sick Rose vengono da Torino e negli anni ’80 infiammavano i palchi italiani con una miscela abrasiva di garage sfacciato e potente mescolato con melodie orecchiali che si fissavano in mente nel giro di venti secondi. Stiamo parlando di una band italiana sopra le righe e leggendaria, ma rimasta intrappolata in una dimensione a metà tra l’amore sconfinato dei fan (non solo italiani) e l’ignoranza generale.
Una degna consacrazione in madrepatria non c’è mai stata, se non tra gli addetti ai lavori e gli appassionati, tanto che i ragazzi di oggi a cui piace ascoltare garage probabilmente non hanno mai avuto l’occasione di avvicinarsi a “Faces”, folgorante debutto della band torinese uscito nel 1986 quando i ventenni degli anni zero che impazziscono per gli Hives erano appena nati. Per i Sick Rose, il revival del garage che ha conosciuto più di venticinque anni fa la sua migliore stagione è diventata una professione. Negli anni hanno saputo scolpire la loro personalità, mantenendosi sempre all’interno del genere o muovendosi verso sonorità più addolcite e dal sapore decisamente power pop.
E’ proprio qui che arriva “No need for speed”, disco bellissimo da ascoltare e riascoltare, facendosi trasportare da questa onda tanto travolgente quanto leggera come la brezza del mare. Dopo essersi sciolti nei primi anni ’90, gli ex-ragazzi di Torino hanno ripreso in mano gli strumenti una decina di anni fa, per incidere dischi sempre più lontani dal suono grezzo e senza compromessi degli esordi e mettendosi a scrivere irresistibili canzoni melodiche, che hanno più a che fare con gli Undertones e i Buzzcocks che con i seminali Sonics. L’essenza del punk e la carica sbruffona rimangono ma non restano in primo piano.
“No need for speed” non è il disco dell’anno e non colpisce per originalità e innovazione. Ma che importa? Tutti i brani che compongono il disco si attestano su un ottimo livello, nessuna sbavatura, un paio di cover azzeccatissime (“Drop by and stay” dei Piper e “Magic teacher” dei Dixies) e realizzate con passione. A confezionare al meglio il prodotto una registrazione di qualità e dietro i suoni l’occhio vigile e sapiente di Dom Mariani, leggendario australiano che ha deciso di vendere la sua anima al garage rock molto tempo fa. Che volete di più?
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La recensione No need for speed di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-03-02 00:00:00
COMMENTI (1)
ottima recensione per un gran disco. consigliato a grandi e piccini.