Tornano gli Alix, il gruppo per cui, se ben ricordo, spesi il mio primo 'Primascelta'.
Il quartetto bolognese si è ormai fatto segnalare come uno dei più fulgidi esempi di riuscito self-management della penisola, capace di calcare palchi altrimenti interdetti a band prive di contratto. E ad un piccolo contratto (meglio: collaborazione, i cui frutti son ancora tutti da verificare...), alla fine, sono arrivati anche loro, accasandosi presso la neonata Edgar di Bolzano.
Il successore del fortunato "Cuore in bocca" porta il titolo di "Nessun brivido", disco che sposta i Nostri su territori marcatamente 'rock', distanti però dalla minima ruffianeria e ricerca del ritornello facile e accattivante; manca difatti, a "Nessun Brivido", la varietà del predecessore - e davvero pare stavolta calzare la definizione appioppata al gruppo, che sempre ho maldigerito, di 'Cristina-Donà-incontra-i-Kyuss'.
A testa bassa (eppur costantemente sorridenti), Alice e soci sfornano cinque canzoni tirate in cui a farla da padrone è ancora il connubio voce femminile vs. chitarroni 'desertici' saturissimi. Sono due anime che convivono, quella di Pippo che porta i suoi riffoni à la Fu Manchu e la possente ugola di Alice: è questa la (riuscita, sia chiaro…) ricetta dei nostri, e degli Alix non ho mai, dico mai, letto una stroncatura.
Eppure, stavolta manca il bollino di qualità. Forse, proprio per l'estrema compattezza del lavoro, cui non basta la svisata psichedelica delle "Cavallette" posta in chiusura a togliere la sensazione di pesantezza che ammanta il cd.
L'ascolto è un'apnea, che certo potrebbe risultare saporitissima a più di qualcuno. Personalmente (e sottolineo personalmente), dagli Alix avrei sperato di più: la capacità di distillare un bel pop robusto sì, ma certo non così soffocato e saturo, la volontà d'indagare melodie più british, più solari se vogliamo, assieme alla voglia di usare anche altri suoni, siano essi semplici cori: illusorio in tal senso, l'avvio di "In scatola", coi suoi coretti anni '40, prontamente spazzati via dalla bora blues ingorda, ma anche archi, chitarre acustiche o chitarre - vivaddio - più... magre.
Lo sguardo critico, impone invece il massimo rispetto per una scelta portata orgogliosamente avanti, (masochisticamente?) incurante di trend o concessioni: e quindi così sia, Cristina Donà meets Kyuss...
Avevo avuto - degli Alix - altre visioni: non vogliatemene, godetevi invece queste, comunque grintose e genuine.
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