Qualche traccia in meno e il risultato sarebbe stato sorprendente. Per adesso, invece, lo collochiamo fra le promesse.
Leggendo, come di consuetudine, le note che accompagnano l'esordio della Traffic Lights Orchestra, scopro che si tratta di "un disco registrato dal chitarrista tra la notte di Halloween ed il giorno dei morti nel 2010. Fuori pioveva. Un disco democratico, le cui 11 tracce sono state scelte non dalla band, ma dagli amici che hanno seguito la Traffic Lights Orchestra nei primi tre anni di concerti."
Un metodo in effetti poco comune, ma che dà certamente l'idea di come questo ensemble preferisca avvicinarsi alla musica, ovvero privilegiando la dimensione naif piuttosto che il classico percorso delle session a puntino. "Verde yellow rouge" rispecchia quindi in tutto e per tutto quest'approccio, rimediando ai naturali difetti dovuto alla breve fase trascorsa in studio con una notevole dose di spontaneità che, al giorno d'oggi, è merce rarissima. Se infatti, al primo ascolto, abituati come siamo a cogliere la tendenza alla perfezione, saltano agli occhi gli evidenti limiti di una registrazione tutt'altro che curata, nelle successive occasioni emergono invece le qualità di questa formazione, abilissima a sintetizzare tutta una serie di influenze in uno stile che merita di esser definito quantomeno 'personale'.
In queste 11 tracce si scorge subito che gli A Toys Orchestra di "Technicolor dreams" hanno già fatto scuola; prendete "Last season" o "Le tue scarpe" (su quest'ultima non fatevi ingannare dall'interpretazione sullo stile vocale di Vinicio Capossela, i cui echi si percepiscono comunque durante l'ascolto) e ditemi se la mente non vi riporta subito a quel capolavoro di 5 anni fa. Ora come allora sono i fraseggi del pianoforte a lasciare il segno, mentre le chitarre percorrono un viaggio che va da Marc Ribot ai dEUS, facendo persino tappa in casa dei Thin White Rope ("Cigarette"). In altri frangenti ("Italy dogs", "Le dictateur") non basta invece la sola ispirazione a sopperire a una debolezza compositiva; ma si tratta di piccolezze, legate magari alla smania di voler inserire fin troppe tracce in un disco d’esordio.
Ne sarebbero bastati i 2/3 rispetto all'intera durata e il risultato sarebbe stato sorprendente. Per adesso, invece, lo collochiamo inevitabilmente fra le promesse, fiduciosi che sappiano trovare la giusta dimensione creativa per il prossimo album.
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La recensione Verde Yellow Rouge di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-04-05 00:00:00
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