Architorti Architorti 2 2001 - Strumentale, Sperimentale

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Poco più di dodici mesi dopo l'esordio, gli Architorti si ripresentano con un nuovo album, intitolato semplicemente "Architorti 2".

La coerenza con il precedente è evidente a tutti i livelli (layout grafico compreso): anche il nuovo lavoro si configura infatti come una cavalcata attraverso la musica di spazi e tempi anche notevolmente diversi, riletta e soprendentemente amalgamata grazie alle trascrizioni, agli adattamenti ed alle rielaborazioni di Marco Robino, e resa in maniera pienamente efficace dalle impeccabili interpretazioni del quintetto d'archi (qui a volte allargato a sei o sette elementi...) che già avevano caratterizzato l'esordio.

Nell'insieme più ludico e spregiudicato del primo volume, anche se altrettanto rigoroso, l'album conferma in maniera perentoria la validità del progetto: in particolare, per quanto riguarda i brani 'classici', spiccano in questo caso la "sintesi di storia della musica francese" (Lully, Berlioz, Faurè), e, per motivi differenti, la 'sovversiva' trascrizione dall'atto primo dell'Aida (con testo e coro dell'Arsenale della Pace di Torino), mentre nella folle seconda metà del cd vengono messi in fila con naturalezza un medley ellenico, Rutter, la sigla di "Heidi" (preceduta da un'inquietante intro...), con tutto il suo carico di mucche uccellini caprette e l'insidiosa melodia che ovviamente non manca di incastrarsi nelle orecchie, uno dei pezzi più celebri di Battiato, che decolla lieve per poi crescere successivamente, ottimamente teso, ed il delirio di "The rhythm of the night" (sì, proprio Corona...), che, come sottolineano le precise note, è il solo esempio di pezzo dance scritto in cinque tempi (!) ad avere conquistato il pianeta, minando per un attimo la dittatura assoluta del 4 e dei suoi multipli.

Discorso a parte per "Argon": se nell'album precedente era stata presentata una (almeno sorprendente...) rilettura di Madaski per soli archi, qui viene presentato un folgorante frammento che ripropone l'irripetibile atmosfera del tour fatto dagli Architorti insieme (anzi, come ripetutamente sottolineato, "contro"...) al gigante di Pinerolo nel 2000, con archetti e corde sovrapposti, accostati, mescolati, sostituiti o platealmente 'opposti' alle acrobazie dietro alle manopole ed agli assalti sonori del techno-cowboy. Ancora, in chiusura, la decompressione quasi ambient di "Demoloop", unico pezzo autografo, con le ariose percussioni loopate di Tony Esposito su uno sfuggente tappeto d'archi.

Assolutamente da segnalare, infine, la traccia rom, che immortala, con una regia efficace, una performance realizzata dal quintetto nuovamente insieme ad Esposito, impegnato a 'suonare' il pulpito ed il tavolo della Bibbia del Tempio Valdese di Roma, per un altro atipico e positivo esperimento.

Anche tralasciando i comunque riusciti brani 'non canonici', l'efficacia delle riletture per soli archi degli Architorti si conferma notevole: la seconda uscita discografica risulta nuovamente gradevolissima, più accessibile della precedente ma nonostante questo ancora assolutamente (ed incredibilmente) compatta, in grado di fare coesistere in un ammirevole equilibrio strumentale tracce in origine così lontane. Un album davvero significativo, di cui non resta che segnalare l'allergia all'ascolto in random e la comoda reperibilità a www.claudiana.it. Non perdete l'occasione.

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La recensione Architorti 2 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-03-19 00:00:00

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